Rispondiamo all’appello lanciato dal Coordinamento universitario di Pisa contro i tagli e la riforma Bernini sulla necessità di un movimento nazionale unitario contro la Riforma Bernini e il disfacimento dell’università. L’appello è disponibile in fondo a questo articolo ed è già stato ripubblicato da dinamopress.it e globalproject.info.
Con la nuova finanziaria il taglio di mezzo miliardo all’università è già diventato realtà, e parallelamente la riforma Bernini potrebbe approdare in Senato già a gennaio. L’università pubblica è nuovamente sotto attacco, e il processo iniziato negli anni ‘90 giunge a compimento: definanziamento pubblico; apertura sempre maggiore a fondi privati al servizio del profitto; precarizzazione di chiunque lavori dentro l’università.
Con la Riforma Bernini sarà, se passerà, si incastonerà il tassello definitivo di un processo di svuotamento di qualsiasi finalità sociale e pubblica dell’università. In breve, per l’università a venire potrà essere più corretto parlare di agenzia di collocamento per il lavoro, che di luogo di formazione affinché anche nella nuova fase del capitalismo la scienza pubblica non sia di intralcio allo sviluppo del capitale ma ne sia vettore di accumulazione.
Lo sanno bene le ricercatrici e i ricercatori dell’università, già in una condizione di forte precarietà, che si stanno mobilitando in tutta Italia tramite le Assemblee Precarie.
Lo sanno bene persino i Rettori, alcuni dei quali già quest’estate paventavano pericolosi rischi soprattutto per gli Atenei medio-piccoli.
E le studentesse e gli studenti? Negli anni più recenti, la componente studentesca si è mobilitata, tra le altre cose, per il diritto allo studio e il diritto all’abitare (le tende in piazza) e, infine, contro il genocidio in Palestina soprattutto tramite il boicottaggio accademico degli accordi con atenei israeliani e aziende belliche. Ma finora, se non in sparuti casi, non ha partecipato all’opposizione alla Riforma Bernini, che pure, come abbiamo visto, dispiegherà i suoi effetti su tutte le soggettività parte del nuovo mondo universitario.
Condividiamo, allora, l’appello del Coordinamento universitario di Pisa per la costruzione di un movimento nazionale unitario contro i tagli e la Riforma Bernini composto da precari e precarie, studenti e studentesse, precariə dei servizi esternalizzati in appalto; un movimento che ambisca ad aprire una composita, di massa e diffusa linea di conflitto contro il governo Meloni, che sappia dialogare – aggiungiamo noi – con le altre linee di conflitto già aperte, nell’ottica di rafforzarsi a vicenda: tra tutte, quella della lotta al DdL Sicurezza, che rappresenta indubbiamente, soprattutto se letto insieme alla Riforma Bernini, il manifesto ideologico di questo governo. Ci vogliono docili con la paura in corpo (DdL Sicurezza) utili e solə (Riforma Bernini). Ci troveranno consapevolə, ribellə e interconnessə.
Come dice il Coordinamento Universitario di Pisa l’università non si può ridurre ad essere un corridoio per diverse lotte frammentate: ci sono tante lenti con cui leggere gli sconvolgimenti attuali e le trasformazioni dell’accademia, per esempio la subordinazione agli interessi militari è una di queste, ma non la sola. Crediamo che non si tratti di scegliere la lente migliore ma di darci uno scopo intorno a cui costruire una mobilitazione larga e trasversale che tenga insieme collettivi, sindacati, realtà politiche, associazioni studentesche e spazi mutualistici autorganizzati nelle università, ma che guardi ben oltre ponendosi l’obiettivo di fermare questa riforma. Chiunque lo condivida è benvenutə.
Oggi, lottare per l’università passa necessariamente dalla capacità di aprire una stagione di partecipazione politica larga, che non solo sappia coinvolgere tutte le soggettività implicate, ma che riesca a legarsi alle altre mobilitazioni contro il governo Meloni che negli ultimi mesi si stanno moltiplicando, anche su fronti inaspettati. Tutto questo non in ottica vertenziale o solidaristica, ma in direzione della costruzione di spazi di conflitto per difendere le conquiste delle lotte del passato e spingere l’orizzonte del possibile verso obiettivi impensabili per le singole soggettività che si mobilitano. In una parola, ciò che abbiamo definito democrazia del conflitto.
LUnA – Laboratorio Universitario d’Autogestione
Di seguito, pubblichiamo l’appello del Coordinamento universitario di Pisa contro i tagli e la Riforma Bernini.
Per un’altra Università libera da tagli e privatizzazione
Qualcosa di inatteso è tornato a muoversi a Pisa, un movimento di larga partecipazione incentrato sull’università e sul suo ruolo pubblico. Due le micce: il taglio al FFO di mezzo miliardo di euro e la riforma del pre-ruolo (DDL 1240). La reazione della comunità universitaria è stata immediata: tra ottobre e novembre le prime assemblee di dipartimento seguite da un’assemblea di ateneo. Poi, due cortei cittadini a distanza di due settimane con numeri oltre le aspettative, intervallati da un’occupazione. Allo sciopero generale del 29 novembre la città di Pisa era attraversata da più di cinquemila persone dai mondi dell’istruzione e dell’università, in un sodalizio tanto di principio quanto organizzativo tra componente precaria dell’università e componente studentesca. A ciò si aggiunge il dato più promettente: l’ampia partecipazione di chi normalmente rimane fuori dall’attivismo politico cittadino. Per questo, con un autunno di incontro e analisi alle spalle, è il momento di capire cosa ha funzionato e cosa ancora manca.
Un primo fattore è la portata di queste riforme: sull’Università di Pisa l’impatto del definanziamento è di 16 milioni di euro, un’enormità che si traduce in chiusura di strutture, taglio ai servizi – soprattutto esternalizzati –, aumento di tasse studentesche e compressione dell’offerta formativa, smantellamento della ricerca. I primi ad attivarsi sono stati collettivi e rappresentanze studentesche, ma per arrivare a una vera mobilitazione c’è stato bisogno soprattutto di una comunicazione capillare e di un’organizzazione che tenesse conto dei ritmi di componenti ancora distanti fra loro.
Così la mobilitazione è arrivata velocemente al di fuori delle sole realtà organizzate, diffondendosi tra le categorie toccate direttamente: lavoratorə esternalizzatə che rischiano il posto di lavoro, studentə che vedono la riduzione di servizi e diritto allo studio, ricercatorə precariə nell’incertezza di un contratto a termine e privo di tutele.
Tutte queste persone stanno diventando il baricentro di un movimento che si oppone al nuovo assetto dell’università pubblica, già pronta a scaricare sulle categorie più deboli il peso delle nuove riforme. Ma già oggi quasi la metà del personale di ricerca nell’università italiana ha forme contrattuali a tempo determinato, il lavoro negli appalti è privo di tutele, il diritto allo studio continua a restringersi.
Le mobilitazioni sono diventate occasione per un ripensamento generale dell’università. Quello che contestiamo è il sistema universitario attuale, piegato a logiche di profitto e a preoccupanti tendenze meritocratiche, pronto a vendere ai privati, da cui dipende sempre più la ricerca, la produzione del sapere e della conoscenza.
Un sistema che rende le università poco inclusive e intrinsecamente classiste, luoghi di potere e di saperi auto-riferiti, torri d’avorio sempre più chiuse. È necessario un intervento strutturale che vada a tutelare e valorizzare il lavoro di ricerca, così come i lavori di cura necessari al funzionamento degli atenei, sempre più esternalizzati ad aziende terze. È necessario un ripensamento dell’università che rimanga nel solco delle recenti mobilitazioni: le acampade per la Palestina che hanno messo in discussione il ruolo dell’università nell’attuale scenario di guerra; le tende in piazza contro il caro-affitti e la mancanza di un vero diritto allo studio; le occupazioni di End Fossil che hanno evidenziato che la ricerca non deve generare profitto per aziende ecocide; le occupazioni contro il DDL 1660, poiché non c’è democrazia senza un grado di conflittualità critica.
Crediamo, tuttavia, che l’Università non possa ridursi a un corridoio per diverse lotte frammentate senza un punto di convergenza. Questa convergenza deve costruirsi intorno a degli obiettivi e gruppi prevalenti, che possano tenere insieme le altre lotte, arricchendosi mutualmente, per potersi sviluppare in un cambiamento radicale dell’esistente. In questo momento all’interno dell’università il prevalente è chi già ora, complici i tagli e la riforma del pre-ruolo del governo, sta perdendo il lavoro, chi il prossimo anno vedrà negato il proprio diritto allo studio.
Così vogliamo immaginare un’altra Università, che non rinunci al proprio ruolo formativo e trasformativo, per farsi promotrice di cambiamento sociale. Un’università che sia spazio di incontro sicuro per tutte le soggettività che desiderano attraversarla.
Siamo convintə che solo una partecipazione di massa può ambire ad aprire una linea di conflitto e di crisi per lo stabilissimo governo Meloni. Per evitare che le mobilitazioni studentesche siano l’ennesimo riflesso, una costante negli ultimi anni, della sola militanza politica organizzata è necessario individuare una questione che, come quella dei tagli e delle riforme in arrivo, costituisca una cornice in cui i frammenti delle politiche di austerità, dei tentativi di repressione del dissenso e di militarizzazione della società e del sapere possano essere facilmente ricomposti e anche replicabili su vari territori.
A Pisa i primi risultati di questo processo si vedono nelle piazze e nelle assemblee. A livello nazionale sono stati già organizzati i primi momenti assembleari che vanno in questa direzione, come gli Stati di agitazione del 20 dicembre a Roma e l’assemblea nazionale convocata dalle Assemblee precarie a Bologna per l’8-9 febbraio. Tuttavia, manca ancora una partecipazione attiva della componente studentesca, elemento imprescindibile di tutte le grandi mobilitazioni universitarie passate.
L’appello è quindi rivolto ai collettivi, ai movimenti politici organizzati, ai centri sociali e alle rappresentanze studentesche: costruiamo nei mesi che verranno, anche pensando a un momento assembleare unitario, un movimento nazionale contro i tagli all’università e contro la riforma Bernini. Accanto allə precarə dei servizi esternalizzati che rischieranno il posto di lavoro si uniranno lə precarə della ricerca, e con loro lə studentə che lotteranno per il diritto allo studio minacciato e per l’esistenza stessa dell’università come spazio fisico e sociale di formazione intellettuale e politica, di crescita e di vita.