Al momento stai visualizzando A Bologna la prima assemblea nazionale della rete NO CPR

A Bologna la prima assemblea nazionale della rete NO CPR

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:0

No ai CPR né qui né altrove!

Domenica 13/10 a Làbas, vicolo Bolognetti 2, Bologna, la prima assemblea nazionale della rete NO CPR. Di seguito il comunicato di indizione.

Siamo diverse realtà territoriali, impegnate nella lotta contro i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) per migranti, che si stanno mettendo in rete per affermare unite che la logica della detenzione amministrativa non ci appartiene e non deve trovare spazio nella costruzione di una società democratica e solidale.

Abbiamo individuato nei CPR e nella detenzione amministrativa il punto finale di politiche migratorie volte alla repressione, criminalizzazione e marginalizzazione delle persone migranti. Politiche migratorie promosse, dal 1998 ad oggi, da tutti i governi del nostro Paese e che portano con sé un’inaccettabile forma di razzismo istituzionale dentro una cornice storica contemporanea, quella del regime globale di guerra, che alimenta pericolosamente forme radicali di sovranismo e populismo e mette in scena nuovi processi di sradicamento e fuga di massa. Una governance dei movimenti migratori che vede nelle recenti politiche italiane (Legge 50) e nell’ultimo Patto europeo su asilo e migrazioni una violenta stretta securitaria e autoritaria.

Questi luoghi, istituiti per assolvere all’immaginario della Fortezza Europa, che sui movimenti migratori ha individuato un facile terreno di speculazione politica, si sono da subito rivelati prigioni per violazioni meramente amministrative. Luoghi peggiori degli stessi istituti penitenziari, dove sono calpestati i diritti e la dignità umana e attraverso i quali si esercitano forme di controllo sociale, repressione e tortura. Luoghi affidati alla gestione da parte di privati, consentendo a cooperative e multinazionali di fare profitto sulla privazione della libertà personale di migliaia di uomini e donne.

Proprio lə detenutə sono coloro che, quotidianamente, mettono in campo pratiche di resistenza contro una detenzione che, ad oggi, può arrivare fino a 18 mesi. Grazie alle loro proteste si è riusciti a chiudere il CPR di Torino (marzo 2023) e quello di Trapani (gennaio 2024). Proteste che, oggi, potranno essere duramente criminalizzate: il disegno di legge 1660, l’ennesimo “decreto sicurezza”, arriva a prevedere fino a 6 anni di reclusione per chi realizza, nei CPR, anche meri atti di “resistenza passiva”. Una disposizione criminogena finalizzata a silenziare la voce delle persone detenute nei Centri, che finiranno direttamente in carcere se solo proveranno a denunciare le condizioni inumane di detenzione in cui sono costrette. Infatti, solo tramite le testimonianze e le proteste delle persone trattenute nei CPR sappiamo cosa sono questi luoghi di detenzione: in celle di 20 mq possono essere detenute fino a 8 persone, costrette a dormire per terra su materassi usurati; senza adeguati servizi igienici, in condizioni totalmente inumane e degradanti. Il diritto alla salute è sistematicamente violato, con veri e propri abusi nella somministrazione di psicofarmaci, utilizzati per finalità di disciplinamento dei detenuti. Tentativi di suicidi e atti di autolesionismo sono all’ordine del giorno.

Non a caso, la permanenza nei CPR lascia, nel fisico e nella mente delle persone rinchiuse, indelebili danni: chi anche vi entra sanə, spesso ne esce ammalatə . Non c’è una forma migliore e più umana di gestire queste strutture, non c’è un modo giusto di fare una cosa ingiusta. La nostra lotta è quindi finalizzata alla chiusura dei CPR, rifiutando qualsiasi forma di collaborazione al loro funzionamento.

Siamo anche consapevoli che l’impegno per la loro chiusura è una parte della lotta più generale per affrontare il fenomeno migratorio con una politica che riconosca le persone migranti come portatrici di diritti inalienabili, ognuna con le proprie storie, speranze e sogni. Solo attraverso l’accoglienza e la piena cittadinanza possiamo costruire una società più giusta e solidale, dove ogni individuo possa vivere con dignità e rispetto. Un’Europa democratica e solidale non si misura dalla forza dei suoi confini, ma dalla capacità di tutelare i diritti, senza discriminazioni.

Solo così possiamo costruire un futuro più giusto ed equo per tutti e tutte.

Per molti l’Italia e l’Europa rappresentano terra di speranza in cui vivere una vita migliore, dove godere di libertà frutto di lotte passate e presenti. Tuttavia sempre più Governi si stanno avvicinando al modello Meloni Orban, dove la svendita dei diritti umani è merce di scambio per favori economici o per l’ingresso nell’Unione Europea, e si presta così al meccanismo violento dell’esternalizzazione delle frontiere, siglando accordi come quello tra Gran Bretagna e Ruanda l’accordo Meloni-Rama. Proprio contro quest’ultimo accordo vogliamo lanciare una campagna di mobilitazione transnazionale per opporci alla sua concretizzazione.

Senza dimenticarci dell’inaudito attacco all’accoglienza e al diritto di asilo che sta progressivamente infrastrutturando nei territori un regime di apartheid materializzato da abbandono istituzionale, ipersfruttamento e da una sorta di continuum segregativo e detentivo che riguarda migranti regolari e irregolari, richiedenti asilo e rifugiati. Spinte diverse si confrontano.

C’è chi vuole impiegare le tecnologie per migliorare la vita di tuttə e chi le finanzia per reprimere, rafforzare i confini e aumentare le disuguaglianze nel mondo. Questo lo vediamo con i dispositivi tecnologici usati anche ai confini per respingere (e uccidere) chi prova a valicarli. Lo vediamo nella costruzione dei CPR in Albania dove accanto a territori senza un accesso quotidiano alle infrastrutture di base sorgeranno Centri con una propria centrale elettrica, termica, idrologica, fognaria e connessione wi-fi. Il tutto non a disposizione di un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione di quel territorio, ma destinato alla sola repressione, dentro a quelle mura, di chi emigra.

Da una parte c’è chi ogni giorno, per lavoro, attivismo e volontariato si impegna per un’accoglienza diffusa e per la piena cittadinanza di tutte le persone che vivono il territorio. Dall’altra c’è chi, come questo governo, rilancia il modello di grandi Centri di accoglienza in cui ammassare centinaia di persone estraniandole dal tessuto sociale e relegandole alla funzione di manodopera da sfruttare in base alle esigenze di un mercato del lavoro basato su flessibilità e precarietà.

Un modello che nega anche a chi lavora il diritto fondamentale alla casa, mentre trasforma le città in piattaforme per gli affitti brevi riservate a chi può godere della libertà di movimento. In questo nuovo paradosso ci troviamo minacciati tutti noi, ma per prime le persone migranti, che senza poter documentare l’alloggio rischiano di perdere il permesso di soggiorno e di conseguenza tutti i diritti ad esso collegati, tra cui un ’assistenza sanitaria completa. Una spirale discriminatoria in cui la reclusione nel CPR continua a rappresentare il grande ricatto, la grande intimidazione che fa accettare in silenzio ogni ingiustizia. Di fronte a tutto questo, continuiamo ad invocare un mondo e un’Europa aperta e inclusiva, basata sulla giustizia sociale e sulla libertà di movimento: per questo vogliamo costruire alleanze di lotta e sorellanza anche con chi vive i territori oltre i nostri confini, per sviluppare un’opposizione forte contro muri e discriminazioni, dall’Italia all’Albania, dalla Libia e dalla Tunisia a Lampedusa, da Lesvos alle Canarie. Costruire alleanze che permettano di affrontare i grandi sconvolgimenti del mondo, cambiando prospettiva e individuando le linee di lotta comuni contro le politiche razziste in Europa, le morti alle frontiere, i lager extra-europei e gli accordi di esternalizzazione in Africa e in Asia. Cominciamo da noi, dalle realtà che in questi anni si sono opposte in modo concreto a queste politiche disumane e razziste. Costruiamo assieme un percorso di iniziativa e mobilitazione magari cominciando con una assemblea nazionale per mettere in rete le forze.

Per questo abbiamo indetto una prima assemblea nazionale per il 13/10 a Bologna (Municipio Sociale Làbas, vicolo Bolognetti, 2

Invitiamo associazioni e persone ad unirsi a noi, scriveteci a questa mail: retenocpr@gmail.com

Troviamoci in remoto o di persona, parliamoci, approfondiamo i temi, scambiamo informazioni ma soprattutto organizziamoci per riportare il dissenso nelle piazze, per evitare l’apertura di nuovi CPR e chiudere quelli esistenti.

Mai più nessun CPR né qui né altrove!

Mai più lager – No ai CPR

Ya Basta Bologna

Stop Cpr Roma

Melting Pot Europa

Zanë Kolektiv

Associazione Open Gates, spazio Stria Padova

Mediterranea Saving Humans

Asgi

Sea-Watch

Rete regionale no cpr-no grandi centri ER

No Name Kitchen

Linea d’Ombra

Assemblea Antirazzista Trento

Bozen solidale

Refugees Welcome Italia

Collettivo Rotte Balcaniche

Cild

Rete Sicilia contro il confinamento

Maldusa

Porco Rosso

ActionAid

Europasilo