Oggi abbiamo preso maggiori informazioni su Kyiv. Prima del 24 febbraio era una delle tante città raggiungibili in 3 ore da Bologna con Ryanair a 40 euro. Per arrivarci adesso servono più di 20 ore di viaggio, cambi, controlli, coincidenze. Ma la città ha ripreso a “funzionare” dalla primavera scorsa. In estate era già ripopolata al 75% circa. Ci dicono che negli ultimi mesi molt* europe* sono tornat*, appartenenti ai corpi diplomatici e membr* delle ONG umanitarie. Ci sono anche altre ONG, dice Sergey, e il loro scopo principale è quello di favorire il processo di liberalizzazione. Mentre a L’viv avevamo incontrato più persone provenienti dai territori occupati, qui molt* sono di Kyiv o dei paesi limitrofi.
Il giorno dopo l’invasione russa, Sergey si è spostato ad ovest. Come tant*, in quei giorni non sapeva bene cosa fare. Ma dopo 5 giorni è tornato di nuovo in città. Appoggia la mano sul petto per farci capire che quello era per lui il posto in cui stare. È un attivista cittadino. Dalla sua casa a nord della capitale poteva sentire le esplosioni a qualche chilometro di distanza, ma ci dice che non si è mai sentito in pericolo di vita. Comunque, per via dei frequenti blackout e dei razionamenti energetici, ad un certo punto si è spostato verso il centro. Da lì era più facile attivarsi per coordinare gli aiuti. I violenti attacchi vicino a Kyiv dell’autunno e quelli di capodanno e di gennaio 2023 sono però ben impressi nei suoi racconti.
Sergey ci parla di come è nata Solidarity Collectives. Un gruppo di volontar* anti-autoritar* si è organizzato dall’inizio della guerra sia per fornire supporto materiale ai civili in fuga, sia per prendere parte alla resistenza al fronte. E’ stata creata un’unità di auto-difesa territoriale auto- organizzata che contava una sessantina di volontar* principalmente ucrain*, ma anche bieloruss*, russ* e di altri paesi europei. L’unità tuttavia non è stata inclusa dal piano di difesa nazionale, coordinato dal comando militare, venedo quindi preclusa una sua partecipazione attiva alla guerra. Le/i volontar* si sono quindi dovuti sciogliere e diluire nelle varie unità di difesa ufficiali.
Oggi SC supporta al fronte più di sessanta combattenti. Il sostegno si articola in una rete transnazionale di solidarietà che coinvolge diverse reti anarchiche e non. Tre magazzini in Polonia, L’viv e Kiev raccolgono, selezionano e spediscono i materiali utili. Dei referenti sono in contatto con le/i singol* combattenti e regolarmente inviano ciò di cui hanno bisogno. Inoltre, quando devono fare acquisti di materiale specifico e particolarmente costoso, avviano campagne di crowd funding, fino ad adesso andate sempre a buon fine.
Capire ciò che succede al fronte è importante, ci dice Sergey, perché è da quello che succede oggi lì che dipende il futuro del paese. Inoltre, dopo Euromaidan, ciò che le realtà anti-autoritarie di sinistra hanno imparato è che chi ottiene il riconoscimento nella società sono coloro che “mostrano”di agire concretamente – in quel caso, partecipando all’auto-difesa della piazza.
Gli chiediamo cosa si aspettano nei prossimi mesi. E’ impossibile dare una risposta, le incognite e gli attori in campo sono tanti. Di due cose pare certo: che la fine della guerra non è dietro l’angolo e che nessuno oggi può sovradeterminare la società ucraina. Non sarebbe possibile neanche per lo stesso Governo oggi stipulare un accordo in cui le/i cittadin* non si riconoscono. Si rischierebbe una guerra civile.
Sergey non sa se nel post guerra la società che ora è in gran parte coinvolta nella resistenza all’invasione sarà migliore di prima. Il futuro dell’Ucraina sarà un campo di contesa e per avere agibilità in quel campo è fondamentale avere partecipato alla resistenza.
Chi ha combattuto e le/i volontar* che hanno sostenuto la resistenza saranno un importante voce. Sergey ci tiene a ribadire che il migliore aiuto per chi vuole un’Ucraina aperta, di “sinistra”, è sostenere ora le realtà libertarie, socialiste, femministe, lgbtq+ che sono nella resistenza Ucraina. Oggi queste realtà sono più radicate e più forti rispetto a prima dell’inizio della guerra.
Dopo la nostra chiacchiera, ci porta a vedere il magazzino in cui raccolgono le donazioni. Ci spiega attentamente come funziona il meccanismo di approvigionamento e distribuzione. Una piattafroma informatica con un server li aiuta nell’organizzazione. Nei tanti scatoloni stipati nel magazzino ci sono tute mimetiche, giubbotti antiproiettili, elmetti, medicine e altri items utili. Tutto sembra molto più organizzato di un anno fa, quando abbiamo visitato per la prima volta il magazzino di L’viv.
Poco dopo ci salutiamo, Sergiey ha fretta di preparare dei pacchi da spedire nel pomeriggio. Ci saluta dicendo: “Se in occidente volete una sinistra più forte, non devete fare altro che supportarla. Noi siamo qui.”