Al momento stai visualizzando Dopo l’alluvione, nella metropoli diffusa Romagna

Dopo l’alluvione, nella metropoli diffusa Romagna

Cronache dalla metropoli diffusa Romagna dove l’emergenza continua

Cosí come coloro che disegnono e’ paesi si pongano bassi nel piano a considerare la natura de’ monti e de’ luoghi alti, e per considerare quella de’ bassi si pongano alto sopra monti, similmente, a conoscere bene la naturade’ populi, bisogna essere principe, et a conoscere benequella de’ principi, bisogna essere populare.

Il Principe – Machiavelli

Siamo in una metropoli diffusa. “Romagna mia”: una rete di strade, fiumi, case, fabbriche, industrie della produzione ma anche industria del turismo. È questo uno dei vasti territori colpiti dall’alluvione. Federale nella gestione dei fiumi e del dissesto idro-geologico, unita nella cementificazione di suolo, potenzialmente spezzettata nella ricostruzione che dovrà avvenire.

Così è non solo a Forlì o in una delle tante città lungo la via Emilia, non solo nelle strade di collina, negli insediamenti fluviali o nel fianco della intricata rete idrica della bassa, ma nell’intero flusso di reti e collegamenti economici e culturali, sociali e digitali del territorio. Ed è proprio in questa metropoli diffusa che si sono mosse le migliaia di volontari-e che ogni giorno sono andate a spalare il fango e a dare supporto. Grazie alla metropoli diffusa E. Romagna è stato possibile anche questo, non solo il suo dramma.

È qui, tra Bologna e Rimini, tra l’Adriatico e il Casentino, che si sono sentite al telefono e via chat, hanno chiesto aggiornamenti, hanno monitorato gli sviluppi materiali della tragedia, si sono mobilitate nelle varie fasi decine di migliaia di persone. È da qui che siamo in collegamento con Milano e il Veneto, ma anche con le Marche post-alluvionate, con le reti di solidarietà attiva di tutta Italia, con le realtà trans-femministe.

Sprovincializzare la via Emilia

Se di metropoli diffusa stiamo parlando, al suo interno vanno collocate le sfide future. Sia quelle locali che quelle più ampie, regionali e nazionali. È qui che la ricostruzione anche di una singola strada nell’Appennino, di un condominio a Forlì, la soluzione abitativa per una famiglia precaria che si riscatta dopo l’alluvione, possono diventare battaglie di tutti, progressive e non egoistiche conservatrici o sovraniste.

Il confine però è sottile. La sfida allora è aperta alle linee del comando della gestione dell’emergenza. Ci sono responsabilità che vengono dal prima, responsabilità nell’aver incentivato un modello di sviluppo selvaggio, c’è chi come il sindaco di Forlì Zattini, di centro-destra, deve rendere conto alla cittadinanza della mala-gestione delle ore più drammatiche e delle settimane successive all’alluvione, ma ora cerca di recuperare consenso parlando a tutti della sua fragilità, della perdita della sua auto-stima, e poi c’è chi da Roma è sceso per fare la passerella nel fango ma che in ultima istanza dovrà rendere conto alle rivendicazioni che dal basso stanno nascendo.

Alcune domande sembrano fuori dal tempo per gli e le sfollate, per chi da un mese vive nell’emergenza. Come verranno spesi i soldi della ricostruzione? Ce ne saranno a sufficienza? Città per città, quali saranno le priorità?

Sono domande che iniziano a circolare nella metropoli diffusa, così come sulle pale nei cartelli iniziano ad essere affisse alcune parziali risposte: in primo luogo, la ricostruzione deve essere equa giusta e trasparente.

Poi c’è la paura che un evento della portata delle alluvioni di maggio 2023 possa succedere ancora e questa spinge alla maggiore consapevolezza della necessità di un cambio radicale nella cura del territorio.

Anche in questo caso ciò che succederà nelle singole località avrà il potenziale di diffondersi nella metropoli Romagna: esempi positivi di gestione dei fiumi, delle montagne, dei territori, contro gli esempi negativi di cementificazione selvaggia e di argini populisticamente rialzati.

Così ci immaginiamo i prossimi mesi di attività al fianco delle popolazioni alluvionate: sportelli sociali e di ascolto, battaglie concrete per non lasciare più nessuna persona sola o esclusa da aiuti e sussidi, assemblee e presidi ibridi che progettino una ricostruzione pubblica e trasparente dal basso e in cui anche tecnici e politici si sentano in dovere di relazionare.

Prìncipi et populari

Nelle strade della via Emilia la rabbia inizia a montare, ed è una rabbia trasversale. Ieri (13 giugno 2023) si è diretta contro le auto d’epoca della Mille Miglia passate nei quartieri colpiti delle città incuranti del territorio in emergenza, a Monterenzio si sta di fatto sfiduciando una giunta comunale, nelle prossime settimane la rabbia troverà numerosi altri bersagli, a partire dalla manifestazione del 17 giugno a Bologna diretta verso il Palazzo della Regione. All’ultimo anello della catena di comando della gestione dell’emergenza c’è il Governo Meloni ed è lì che la rabbia andrà indirizzata.

Stando in mezzo al fango e nella pancia di un movimento sociale che si risolleva dalla catastrofe ogni tanto abbiamo alzato la testa e, tra una spalata e l’altra, ci siamo scambiati quelle poche battute fondamentali per capire dove stavamo andando. Populari et prìncipi, con gli stivali nel fango ma con la dignità nel guardare ad una ricostruzione equa e giusta per tutti. Gli 8 miliardi di danni non sono solo le ferite di un territorio che ora vanno ricucite, saranno linee di scontro da affrontare tutti insieme in un territorio da ripensare.

Campagna Diritti Sommersi