Di Nick Costa
Ciao, parlo come uno dei portinai e delle portinaie di Làbas, il luogo dove i ragazzi di SDA (Spazio Diurno Autogestito) hanno trovato la possibilità di spezzare la marginalità alla quale sono relegati e dove hanno la possibilità di interagire tra di loro e con noi, con i nostri sportelli di supporto e con le nostre pratiche di autogestione.
È un compito piacevole quello del portinaio e della portinaia, aprire il proprio spazio, essere la porta e la finestra dei suoi progetti e sportelli, la prima faccia che anche questi ragazzi vedono appena entrano
Ma è anche un compito ingrato. Perché sei anche la persona che quello spazio lo chiude, che fa uscire le persone e augura loro una buona notte, sapendo però che passeranno una nottata di merda, al gelo, sotto la pioggia, con coperte fradice, sempre che qualcuno gliele abbia buttate via. Mentre tu, mal che vada, troverai un letto caldo, un divano, un altro corpo con cui riscaldarti, un gatto con cui stare rannicchiato, oppure un termosifone.
E non possiamo pensare che la soluzione di Bologna città accogliente, nel 2021, sia ancora quella di ambire ad allargare il piano freddo per un posto in un dormitorio. Un posto che di giorno svanisce quando il freddo rimane.
Non basta il dormitorio. Non basta essere un numerino in una lista di attesa. Non basta essere sbattuti di giorno fuori come pacchi postali. Non basta il giro in autobus per riscaldarsi. Non è vita questa.
La vita è autodeterminarsi. Autogestirsi. Poter pensare al proprio presente ed immaginarsi magari, perché no, un proprio futuro. Ma non basta più nemmeno il corridoio o il quadriportico del municipio sociale. Serve una casa.
Perché non c’è accoglienza senza una casa e non c’è vita senza un’accoglienza degna.
P.s. Ogni tanto chi attraversa il municipio sociale ci chiede che cosa faccia la portineria. Ecco, facciamo politica.