Di seguito il documento finale dell’assemblea della Rete nazionale No DdL Sicurezza tenutasi sabato 16 novembre all’Università La Sapienza di Roma, verso una grande manifestazione nazionale il 14 dicembre a Roma.
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Oggi è una giornata storica, lo diciamo senza retorica o accenti nostalgici. Ma perché dopo tanto tempo abbiamo avuto il coraggio di costruire uno spazio pubblico non identitario. Se centinaia di persone partecipano all’assemblea, se in tantissimi già si sono mobilitati nei diversi territori del Paese presenti oggi, allora è il segno che abbiamo colto insieme un momento di svolta, sia nella drammaticità sia nel senso di possibilità.
Venendo ai punti, è emerso in tutti gli interventi, come questo DDL non sia la solita operazione di carattere repressivo, ma è il vero e proprio manifesto ideologico di questo governo. Questo disegno di legge incarna repressione politica, controllo sociale, populismo penale, cultura patriarcale, classismo e razzismo, trasformando il diritto in privilegio. Rischia di segnare un punto di non ritorno verso un regime di post-democrazia, perché si inserisce in una fase globale che ci vede immersi in un ciclo autoritario senza precedenti, in una congiuntura di guerra, in una nuova fase dell’accumulazione capitalista e di ulteriore precarizzazione della vita e del lavoro.
Se leggiamo questo DDL insieme alla manovra finanziaria ci rendiamo conto come l’obiettivo di questo governo siano le persone povere e – la guerra ai poveri è la rappresentazione di questa nuova fase del capitalismo, dove autoritarismo ed estrazione di valore si intrecciano in forme nuove e sempre più violente.
Nei tanti interventi è stato sottolineato come dobbiamo essere in grado di riappropriarci del concetto di sicurezza. Risignificare questo concetto di sicurezza significa riaprire una stagione in cui i temi della giustizia sociale e ambientale diventino davvero prioritari e maggioritari.
Dobbiamo disarmare le parole della nostra controparte: questo non è un ddl sicurezza, è un ddl paura.
Parlano di sicurezza nel momento in cui i femminicidi si moltiplicano, le stragi nel mediterraneo per loro non rappresentano alcunchè, come i morti nei luoghi di lavoro, ed il genocidio della popolazione palestinese.
La lotta di massa contro il ddl deve quindi essere in grado di potenziare tutte le tante lotte che costellano questo Paese, dal diritto all’abitare al lavoro, dall’ambiente al transfemminismo, dalla formazione all’internazionalismo, fino alle lotte contro le esternalizzazioni dei confini e l’apertura dei centri in Albania.
L’obiettivo di questa assemblea è stato quello di costruire una risposta immediata, determinata e di massa. Ed è per questo che emerge con forza l’idea di costruire una grande manifestazione nazionale il 14 dicembre a Roma.
Attenzione: una data che dobbiamo essere anche capaci di anticipare, qualora i tempi di approvazione si abbrevino.
Oltre alla manifestazione, vogliamo proporre oggi una giornata di contestazione al Senato nei giorni in cui il DDL approdi in aula, che porti a Roma l’ondata di rabbia e resistenza popolare che già abbiamo sentito in questa assemblea.
Da oggi abbiamo un compito ovunque: costruire dei passaggi verso la manifestazione del 14, in tutti i territori, nei luoghi di lavoro, nei luoghi della formazione e in tutti gli spazi dove possiamo riprodurre spazi di discussione e di iniziativa politica. Un primo passo è subito dopo questa assemblea ad ESC dove ci sarà un primo momento di discussione sul movimento in Università, alla quale invitiamo tutti gli interessati/e a partecipare.
Ulteriori momenti importanti sono la manifestazione di domenica 17 indetta da GKN a Firenze, la manifestazione nazionale contro la violenza patriarcale del 23 novembre, e lo sciopero generale del 29 novembre e quello dei metalmeccanici, giornata che ci chiama alla capacità di generalizzare uno sciopero, soprattutto in un momento in cui lo strumento storico della lotta di classe è sotto attacco.
Come abbiamo detto nell’intervento iniziale, questa giornata e questo percorso insieme ci danno la forza di rompere qualsiasi idea di ineluttabilità, ribadiamo l’idea che siamo di fronte a misure di restrizione delle libertà straordinarie, e allora straordinaria, conflittuale, dovrà essere la nostra risposta.
Vogliono imprimere un corso autoritario alla Storia, ma dobbiamo farla camminare sulle gambe della nostra passione politica. Perchè siamo in grado di dimostrare che NOI SIAMO LA STORIA!