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Conflitti Urbani

Fare conflitto/progetto a Bologna

88 diviso 9

88 sono i mesi di reclusione complessivi, 9 le persone condannate per lo sgombero dall’ex-caserma Masini della prima esperienza di Làbas. Sommiamo qualche braccio e dita rotte dai manganelli della polizia, persone trascinate in strada e prese per il collo. È questa la funzione matematica della resistenza dell’8 agosto 2017.

Ma da quando 15.000 persone sono scese in strada, il 9 settembre dello stesso anno, nessuno ha più pensato ai numeri. La storia successiva di Làbas è stata tutta politica, il diritto a costruire un progetto in Vicolo Bolognetti grazie alla resistenza e al conflitto: oggi si chiama Municipio Sociale uno spazio dove dare risposte emergenziali, mutualistiche, ma costruire prospettive complessive di benessere integrando casa, salute, reddito, cultura e politica.

Occupazione

Da quando l’ex-caserma è stata ri-occupata sono tornati i topi! Cavedagna, Bignami, Venturi sono alcuni dei nostrani Mikey Mouse pronti a rosicchiare ai margini della guerra tra poveri consenso suprematista bianco. Eppure la realtà è che nei quasi sei anni di abbandono, dal 2017 al 2023, il quartiere era stato invaso dalle blatte e uno dei loro quartieri generali era proprio la Masini. Il piazzale era letteralmente invaso da formiche e scarafaggi, altro che messa in sicurezza. Dopo qualche giorno di occupazione è stata avviata una disinfestazione per il bene di tutti, per il bene comune.

Dimensione metropolitana

Nell’occupazione, tra gli altri, vivevano lavoratori dell’Aeroporto di Bologna che si muovono in monopattino per raggiungere i turni notturni, lavoratori della city of food impiegati ogni giorno nella ricezione turistica della città, operai meccanici delle grandi imprese della motor valley, studenti e studentesse dell’Unibo. Nel Piazzale Irma Bandiera – questo era il nome della nostra piazza pubblica – c’era un orto urbano e 8 gradi in meno rispetto alle vie limitrofe. Nell’attuale piazzale, sotto sequestro, chi entrerà vedrà gli strumenti per la realizzazione di un sistema di irrigazione sostenibile. Lì si vedranno i segni della ricerca di un vivere contro le discriminazioni e contro l’attuale mercato immobiliare, spazi dove preservare il verde e, attraverso le scienze, rafforzarlo contro il calore e l’inquinamento. Uno spazio dove affermare che la Storia della resistenza non è in vendita. Un progetto che già aveva preso forma in sintonia con la città, aprendosi completamente e mai rivendicando un uso privatistico.

4.30 per 40°

Alle ore 4.30 del 18 luglio 2023, con una mobilitazione di 150 agenti, sono iniziate le operazioni di sgombero dell’Ex-caserma Masini ri-occupata lo scorso 28 aprile. 40 erano i gradi all’ombra in una giornata di resistenza durata oltre 15 ore. Nessuno si aspettava questa conclusione, visti gli avanzamenti nell’accordo tra Comune e CdP, ma anche la lunga resistenza è stata imprevista. Arrivando un’ora e mezza prima della colazione resistente lanciata dagli occupanti, cercando di coglierci nel sonno – vigliacchi! – la polizia pensava di sbrigarsela in qualche minuto. Invece oltre ai corpi reattivi ha trovato tanta solidarietà e tecniche embrionali per la resistenza del futuro: droni che volteggiavano sopra i blindati consegnando acqua e integratori energetici ai due compagni sul tetto dell’edificio principale della caserma.

Anche questa volta un quartiere è stato svegliato dai forti boati diretti ad allontanare la polizia arrivata con le seghe flessibili alle porte di via Borgolocchi e al cancello di Via Orfeo. Anche questa volta un progetto non si è potuto annullare con un semplice colpo di mano.

Politica

Ma veniamo alla politica. Sono anni che si parla di uso delle aree militari. Le belle idee però non muovono la storia in avanti. Come viene riconosciuto dall’attuale giunta del governo di Bologna è stata l’occupazione dell’immobile a giocare un ruolo importante per sbloccare l’accordo tra Comune e Cassa Depositi e Prestiti, sulla Masini e su altre aree in città. Grazie all’occupazione il piazzale dell’Ex-Caserma Masini ritornerà alla città. Questa è una vittoria, punto.

Non è la prima volta, però, che viene riconosciuto un valore all’occupazione. La storia di Bologna è densa di dialettica tra istituzioni e movimenti. Anche la giunta Guazzaloca, di centro-destra, ebbe un ruolo e una sua interpretazione di questa dialettica. Ma se oggi tante realtà sociali della città e tante persone residenti in quartiere si sono schierate con l’occupazione quando ancora era in corso, se cioè il conflitto e il consenso marciavano già di pari passo dal giorno 28 di aprile, il paradigma può fare un salto in avanti, per noi, per tutti. Parliamo di conflitto e progetto per ridare forza ai movimenti sociali, perché è qui che siamo radicati.

Conflitto/progetto

L’occupazione di immobili, soprattutto quando è accompagnata da una forte esigenza abitativa, è una delle pratiche più nobili di conflitto. L’occupazione non viene fatta per un mero riconoscimento, anche se ovviamente la sua legittimazione passa per il consenso, ma viene fatta per realizzare un progetto. Che sia questo un paradigma nuovo dei movimenti sociali? Per noi lo è, lo è sempre stato: confliggere per ottenere qualcosa, senso della pratica e dell’efficacia, discorso trasparente dato dai rapporti di forza, definizione di obbiettivi specifici e generali, tentare di raggiungerli.

Alcuni problemi più generali della co-progettazione

La co-progettazione non è il male in terra, anzi per molti aspetti è un unicum nel panorama nazionale, ma bisogna riconoscere che non sempre funziona e che negli ultimi anni ha mostrato diversi limiti importanti. Le forme di partecipazione mista, pubblico/privato sociale/forme di auto-organizzazione, sono molto anziane e troppo bianche. Quando vanno in giro per il mondo ad apprendere da altri, salvano le cosiddette pratiche virtuose, ma spesso eludono il conflitto reale. Scontano inoltre un problema di accessibilità legato al reddito e al tempo libero. Per parteciparvi, cioè, bisogna essere in disposizione di tempo. Tante riunioni, tanti incontri, tanto dialogo, tanti post-it. La collisione con le disponibilità economiche dei soggetti e con il diritto a rimanere in città è inevitabile. Se non si è in grado di ripagare la partecipazione con la realizzazione di progetti radicali che trasformino realmente lo spazio cittadino, allora questo unicum rischia di diventare un bolla che sta per esplodere, e non una sperimentazione che diventa forma stabile per la democrazia.

Come recitava uno slogan di una importante lotta del nostro Appennino, “solo la lotta paga”. Solo la lotta unisce e fa co-operare tanti e diversi, senza lotta è mera rappresentanza e preservazione dell’esistente. Ci sembra che questo discorso molto spesso sia ineludibile. È su questo punto che intendiamo la differenza tra co-progettazione e conflitto/progetto. All’agone politico i prossimi passi.

Come può la Masini essere co-progettata?

In questo momento la nostra co-progettazione, dove co- sta per conflitto, è indirizzata a dare una risposta complessiva alle persone che sono rimaste senza casa dopo lo sgombero. Sarà in Vicolo Bolognetti, sarà alla Masini, sarà a Casa Vacante, sarà fatto in modo legale o sarà fatto in modo illegale? Non lo sappiamo e non possiamo dare una risposta oggi, ma è su questo punto che si gioca la nostra presenza, o meno, nel processo di co-progettazione dell’Ex-Caserma. Non perderemo tempo in lunghi processi vuoti. Oggi siamo con i materassi in Sala Avesta a Làbas per trovare nuove soluzioni contro il mercato immobiliare e da lì ripartiamo.

Questo non vuol dire che saremo ostili ad un progetto di co-progettazione che acquisisca alcune caratteristiche che sono state sperimentate in Via Orfeo. Questo non vuol dire che abbandoneremo tutte quelle persone in quartiere che vorranno con forza rivendicare un certo tipo di uso di quello spazio, sperimentato insieme. Per prima cosa l’inalienabilità dello spazio che deve diventare un polo della memoria storica, da qui il nome del Piazzale. Le torture ai partigiani sono avvenute lì e non da altre parti. A chiunque non l’abbia ancora fatto invitiamo a leggere il diario di Paolo Fortunati e poi, appena sarà possibile, a fare un giro nei sotterranei di Via Borgolocchi, questa è memoria viva.

Verde urbano, ci sembra ovvio che così debba rimanere. Ma tanto ovvio lo sarà per tutti? Di fronte ai negazionisti della crisi climatica sappiamo bene che questo oggi è un terreno di scontro politico. Vi ricordate che qualcuno voleva farci un parcheggio? Senza di noi chi canterà il motivetto Giorgetti ascoltaci, vendi la macchina, che tanto a Làbas, non si può parcheggiar? Che oltre ad essere una canzone, era una pratica di lotta.

Stato degli immobili. Certo, bisogna fare delle perizie in tempi rapidi. Ma sono le persone che lì ci hanno abitato a sapere cosa è recuperabile e cosa no. Dopo il cancello a destra c’è la vecchia Accoglienza Degna. Pochi giorni fa è stata scrostata, levigata, ri-imbiancata per dare avvio ad un ostello politico, ulteriore spazio abitativo, anche temporaneo, che si aggiungeva ai custodi vivi del piazzale. Il palazzo principale è messo abbastanza bene, lì sarebbe possibile un auto-recupero. Poi ci sono diverse aree che vanno messe subito in sicurezza, non reggono e non reggevano prima. Allora questi sono solo alcuni esempi del fatto che il Piazzale ha delle mura intorno, e che prendersi cura di quelle mura dovrebbe essere uno dei primi obbiettivi di qualsiasi progetto.

I grandi assenti

Per ora il percorso di co-progettazione è vuoto. Si riempirà? Vedremo. Noi abbiamo indicato alcuni possibili elementi per riempirlo, ma il tempo è quello della concretezza e senza di questa noi saremo, con il sorriso e con la gioia della cooperazione, i grandi assenti del processo. La sfida, prima che tecnica, è tutta politica. E l’interruzione della continuità dell’esperienza complessiva messa in campo con l’occupazione rappresenta un punto di frattura non aggirabile. Se questo non è chiaro vi consigliamo di tornare al primo paragrafo di questo testo.

Dopo lo sgombero siamo stati costretti ad avviare un nuovo progetto di co-progettazione dal basso per darci casa insieme, questo sì è ibrido e meticcio, e grazie al conflitto tiene dentro chi altrimenti rimarrebbe ai margini. L’assemblea del 31 al momento rappresenta un arretramento. Un passo pensato senza l’esperienza viva dell’occupazione. E non tocca a noi smentirlo. Noi in questi anni abbiamo imparato a stare sulle punte più avanzate dello sviluppo dei rapporti sociali. Il mare però è in tempesta e sappiamo già che le onde di questo mare faranno cambiare direzione alle tante barche che in essa si muovono.

Il campo politico che si è aperto è interessante, per noi, e per Bologna. E per navigarlo serve una bussola con due nuovi punti cardinali: conflitto / progetto.

È sulla base di questo ragionamento che invitiamo tutta la città all’assemblea pubblica in continuità con l’esperienza di occupazione dell’ex-caserma Masini, che si terrà martedì 25 luglio, giornata della fine del regime fascista, alle ore 19.00 in Piazza del Baraccano. A seguire letture resistenti e pastasciutta antifascista.

Good luck everyone, see you on the barricades!

Viva l’ex-caserma Masini bene comune!