Oggi abbiamo aperto le porte dell’Istituto Santa Giuliana, in via Mazzini 90, un grande stabile vuoto e in vendita nella città di Bologna, di proprietà della Chiesa, per la precisione della Congregazione delle Suore Mantellate Serve di Maria. Parole d’ordine: IN/OUT, dentro la città, fuori dal mercato!
Lo facciamo per aprire uno spazio per chi cerca casa, per chi è costrett* a stare su divani, chi in AirBnb, chi per strada. Lo facciamo forti delle esperienze che abbiamo avuto negli ultimi 365 giorni, nelle quali abbiamo sperimentato forme di abitare collaborativo, abbiamo restituito spazi alla città, abbiamo auto-recuperato stabili abbandonati, abbiamo lottato con tante persone e dialogato anche con chi è divers* da noi.
È evidente che a Bologna ci sia uno scontro aperto tra chi produce il tessuto sociale ed economico urbano e chi possiede case su case per affittarle su AirBnb, chi investe in studentati privati forti della connivenza con il governo, chi approfitta della disperazione di tant* per lucrare su un diritto fondamentale.
Soprattutto a fronte di tutto ciò, è inaccettabile vedere grandi spazi vuoti, pronti ad essere venduti al miglior offerente invece che essere adibiti a case degne per tutt*.
La contesa
50 camere vuote, una scuola chiusa, insegnanti ed alunn* ricollocat*. Questa è la volontà della proprietà dell’Istituto: fare cassa perché il mantenimento dello stabile non era più sostenibile.
A noi sorge una domanda: chi potrà permettersi di comprare e rimettere all’utilizzo questo stabile? Saranno cooperative di abitanti? Padroni illuminati o benefattori? Oppure saranno i soliti noti, holdings, capitali esteri, gruppi immobiliari, che abbiamo conosciuto e contestato più volte, pronti a speculare sulla pelle di chi ha bisogno di una casa?
Per noi questa occupazione è un’importante sfida politica alla città: uno spazio in vendita è facile preda di chi ha grandi capitali da investire nel mercato immobiliare, ma sappiamo benissimo che l’iniziativa privata spesso lede l’interesse pubblico. Nel caso della dismissione di questo stabile, ha già leso l’interesse di 60 studentesse, 24 insegnanti e dipendenti, quasi 80 bambin* che studiavano alla scuola materna ed elementare.
L’occupazione si inserisce nel solco tracciato da chi ha lottato per mesi e mesi per impedirne la chiusura, portando avanti una battaglia con fatica, facendo scioperi, presidi e sit-in. A loro va tutta la nostra solidarietà e complicità. Venite a trovarci!
Dal canto nostro, non possiamo permettere che Bologna sia accessibile solo a chi ha elevata disponibilità economica e che espella chi invece lavora, studia, coltiva relazioni e passioni in questa città, e dunque è inaccettabile vedere questo grande stabile pronto alla vendita.
Lo scontro è ad un livello alto: contrappone chi vuole vendere spazi per fare cassa e chi vuole invece restituirli ad una moltitudine in difficoltà, ma che quando serve sa organizzarsi per conquistare diritti e sperimentare nuove forme di vita e di collettività.
Il diritto di restare
In queste settimane, conoscendo persone in ricerca di casa, parlando con chi è stato sfrattato dalle case occupate di via Borgolocchi lo scorso luglio, confrontandoci tra attivist*, abbiamo notato come sempre di più rischi di vincere la rassegnazione.
C’è chi arriva da matricola per studiare, c’è chi ha trovato finalmente un lavoro con una paga decente, c’è chi già lavora da tempo ma dorme in strada, e c’è chi dice che non riesce più a stare a Bologna. C’è chi si vede costrett* ad andare via, chi in Germania chi in Francia per cercare una vita migliore; c’è chi torna nella casa di famiglia e rinuncia agli studi; c’è chi dovrebbe rinunciare all’Erasmus nella città che ha scelto; c’è chi prova una grande stanchezza lavorando e dormendo dove capita.
L’occupazione vuole dare una soluzione a chi altrimenti dovrebbe rinunciare a percorsi di vita. Proponiamo una pratica conflittuale e faticosa, certo, ma anche gioiosa ed espansiva, e forse l’unica possibile nella situazione attuale del mercato immobiliare. Chi viene a vivere in occupazione sa che non è una casa normale, che per viverci bisogna difenderla, ma sa anche che è un mezzo per evitare che altre persone si trovino in una situazione simile, e alla fine le occupazioni spesso sono più belle di tanti scantinati proposti a 900 euro o divani a 400, grazie al sudore e all’intelligenza della cooperazione.
La lotta è per il diritto di restare a Bologna, contro chi mercifica la casa e chi ci fa business, per un abitare collaborativo ed accessibile a tutt*.
Breve-lungo periodo
Sono oltre 4mila gli annunci su AirBnb a Bologna, cresciuti di oltre 500 da settembre 2022. Ma non è questo il breve-periodo che intendiamo qui.
È inevitabile, in una città come Bologna, che si producano e organizzino conflitti per il diritto all’abitare. Bologna attrae chi studia, chi cerca lavoro, chi ha reti ed amicizie, chi vorrebbe vivere in una città libera. Molto spesso però ci si scontra con la realtà: Bologna sta cambiando, ed il mercato immobiliare è esemplificativo della direzione verso cui stiamo marciando.
Da tempo denunciamo il processo di espulsione dall’intera cintura metropolitana della città, ma ora pare che l’espulsione parta ancora prima dalla ricerca della casa, provocando rassegnazione in chi vorrebbe venire a vivere qui.
A Bologna non ci sono case, e se ci sono, solo a prezzi molto alti. L’amministrazione comunale ha varato delle misure importanti ma che daranno risultati nel medio-lungo periodo; il governo, assente. Anzi, le uniche misure attuate sono 660 milioni del PNRR per la creazione di posti letto per student* che andranno solo ad operatori privati; il taglio del contributo affitto e del fondo per la morosità incolpevole.
Per evitare che vinca la rassegnazione e la rinuncia, e che Bologna diventi davvero una città solo per ricchi e turisti, occorre lottare perché gli spazi della città non vengano mangiati dai soliti noti, ma che, anzi, vengano auto-redistribuiti a chi viene esclus* dal mercato immobiliare!
La sfida di IN/OUT vuole interrogare la città tutta. È ora di dare un forte segnale a questo governo e ai privati, che stanno comodi in panciolle: la città è di chi la vuole abitare!
Dentro la città, fuori dal mercato!