Pubblichiamo l’appello del Laboratorio Salute Popolare, per costruire un laboratorio cittadino per la difesa e il rilancio del servizio sanitario nazionale. Ci vediamo in assemblea giovedì 16 maggio alle 18:30 a Làbas, vicolo Bolognetti 2, Bologna.
Questo è un appello rivolto a tuttə coloro che quotidianamente lavorano e lottano per il diritto alla salute, per un servizio sanitario pubblico, universale, accessibile, gratuito.
Un appello per la costruzione di un laboratorio cittadino che punti alla difesa ed al rilancio (alla rivoluzione!) del SSN.
Come attivistə del Laboratorio Salute Popolare sentiamo l’esigenza e l’impellenza di attivarci scendere in strada per difendere la sanità pubblica, riconoscendone il valore, la crisi e la necessità di essere rivoluzionata.
La nostra voce si unisce a quella dei 14 scienziati e ricercatori, ai 450 psichiatri e a tutte quelle che, negli anni, hanno cercato di costruire una contro narrativa su ciò che realmente rappresenta il diritto alla cura in Italia, e su ciò che invece dovrebbe rappresentare.
A distanza di anni dalla pandemia, quando la nostra attività è esplosa a causa delle esigenze (in primis sociali) evidenziate e amplificate dall’emergenza, continuiamo ad assistere al progredire dello stesso processo di smantellamento dei servizi di base, sordo di fronte ai nuovi bisogni via via emersi.
Oggi ne abbiamo una prova tangibile, con la continua chiusura dei consultori, l’incessante depotenziamento dei centri di salute mentale, il disinvestimento che riguarda sempre più figure socio-sanitarie quali assistenti sociali, infermierə di famiglia, psicologə, educatorə.
Da un punto di vista gestionale andiamo speditə verso il modello americano, sia con le scelte politiche nazionali di ulteriori tagli lineari, sia con la propaganda regionale con cui prossimamente si butteranno 30 milioni di denaro pubblico nelle tasche dei privati, col fine illusorio di comprare prestazioni convezionate, vendendole come l’unica soluzione possibile al problema delle liste di attesa.
Per non parlare dei mancati investimenti sul personale, sanitario e non, che anima ogni luogo di cura- continuiamo a vederci strette nella morsa di logiche di appalti a ribasso e lavoro povero, o per contro, precario, instabile e costoso, che non garantisce nessuna tutela personale e nessuna struttura al sistema in toto.
Inoltre, l’inserimento delle assicurazioni sanitarie integrative nei Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro (CCNL) e i progetti di autonomia differenziata, non faranno altro che acuire le già gigantesche disuguaglianze sociali e territoriali, contribuendo alla turistificazione della sanità da un lato o alla totale esclusione dai percorsi di cura dall’altro.
Ma guardando agli aspetti più pratici, il collasso dell’assistenza territoriale tutta è sotto gli occhi di ognunə di noi: le liste d’attesa infinite per visite ed esami diagnostici troppo spesso costringono chi non può permettersi il privato a rinunciare alle cure; il sistema di emergenza territoriale con i Pronto Soccorso è di conseguenza sovraccarico di richieste che non trovano risposte nel contesto extra-ospedaliero e non è quindi più in grado di garantire livelli
adeguati di prestazioni, anche urgenti; si ha difficoltà a reperire Medicə di Medicina Generale, sempre più oberatə dalla burocrazia e isolatə rispetto al resto dei presidi di cura, con cui non c’è la volontà di fare rete, anche per colpa del potere dei veti sindacali dominanti; l’assistenza domiciliare è garantita con molta fatica, sacrificando alcune attività importanti che assicurerebbero maggiore capillarità di intervento; i servizi per i minori sono sempre più insufficienti, così come per le altre categorie più fragili, dai servizi per le persone con disabilità a quelli per gli anziani,
lasciati completamente da soli.
Infine, proprio in questi giorni, la salute transfemminista è attaccata frontalmente con lo svuotamento dei consultori e l’inaccettabile finanziamento delle associazioni “pro vita” antiabortiste nei luoghi di cura.
Quindi mentre la povertà aumenta semp re più in assenza di strumenti di protezione sociale, la spesa sanitaria è sempre più a carico dellə cittadinə, costrettə a rivolgersi al privato: siamo arrivate al punto di non riuscire più a garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA), definiti per legge e tutelati a livello costituzionale.
Cos’altro serve per agitarci?
Nel frattempo, di questi enormi buchi amministrativi ed economici, hanno approfittato e continuano a farlo le associazioni e cooperative private, che sono entrate a gamba tesa nel sistema pubblico e continuano a favorirsi contratti da libero professionisti tra le operatorəsanitariə, vendendo alle amministrazioni sanitarie locali la possibilità di colmare la carenza di personale senza il vincolo delle assunzioni.
Il benestare delle AUSL a questo processo di mercificazione della salute, ha prodotto anche il fiorire di strutture
intermedie, come i CAU in Emilia Romagna (centri di assistenza urgenza), che costituiscono ulteriori bolle di lavoro non dipendente e non vincolato, potenzialmente occasionale, per cui il funzionamento del servizio dipende unicamente dalle capacità e conoscenze del singolo medico piuttosto che dall’organizzazione del servizio stesso.
In questo quadro catastrofico, l’insufficienza dei servizi di assistenza alla persona, unitamente agli immensi ostacoli del mondo del lavoro e di quello abitativo, si traduce in sofferenza psichica anche severa e in giovanissima età, ma nonostante questo nel contempo la salute mentale è sempre più depauperata di risorse; ciò comporta l’investimento forzato delle risorse residue nella gestione delle emergenze psichiatriche, mentre le cure psicologiche restano un bene di lusso.
Insomma, crediamo che non siano solo i concetti di prossimità e territorialità ad essere sotto attacco, ma anche e soprattutto quello fondamentale del diritto alla salute!
La strategia del governo è chiara: indebitare generazioni intere per buttare i soldi del PNRR in sempre più nuove strutture e tecnologie, da far usare alle organizzazioni private, mettendo in vendita così la salute tutta. Tutto questo invece che investire in assunzioni, reti territoriali, potenziamento dei presidi esistenti, cura vera e globale!
E’ evidente quindi che il SSN non va soltanto difeso, ma ne va pretesa una radicale rivoluzione in tutti i suoi paradigmi. E’ inutile riproporre vecchie soluzioni a problemi sempre più nuovi e con sempre meno investimenti a disposizione. Non possiamo più aspettare: la rabbia è in cammino!
“Se la salute è un diritto, la difesa della sanità pubblica è un dovere!”
Chiediamo quindi a chiunque lavori nel SSN, a tuttə ləoperatorə sociosanitarə, alle organizzazioni, ai movimenti, ai collettivi, alle associazioni, ai gruppi, ai comitati e alle singole persone che sperimentano ogni giorno sulle loro vite gli effetti dell’esternalizzazione e della privatizzazione della sanità, di partecipare ad un’assemblea che abbia lo scopo di costruire forme di mobilitazione ampie e condivise. Per alzare la voce e farci sentire più forte, tuttə insieme.
Siamo convintə che il tempo sia scaduto e proprio per questo facciamo questo appello. Ora o mai più!
PER UNA SALUTE CHE SIA VERAMENTE PUBBLICA E ACCESSIBILE A TUTTƏ!
Ci vediamo giovedì 16 maggio alle ore 18:30 a Làbas.