Siamo materialisti. Abbiamo detto che questo è un punto fermo che ci posiziona agli antipodi di qualsiasi visione trascendentale per comprendere ed agire nella realtà.
Nella seconda parte del dialogo con giovan3 fisic3 che frequentano l’Officina Scift inaugurata a marzo 2025 presso Labas a Bologna, assieme a Giuseppe riprendiamo il nostro tuffo nella meccanica/fisica quantistica.
Dopo aver affrontato la distinzione tra fisica e meccanica quantistica e iniziato a comprendere come i quanti mettano in discussione la fisica classica, ci immergiamo in altre scoperte che hanno portato a domande che tutt’ora sono in attesa di risposte certe.
La chiacchierata si articola in quattro parti.
Vi consigliamo di ascoltare gli audio per cogliere appieno la ricchezza di quanto ci è stato raccontato. Il testo scritto raccoglie solo alcune estrapolazioni, una sorta di riassunto essenziale accompagnato da brevi note.
Grazie a Giuseppe, Caterina e Marco e buon ascolto!
SECONDA PARTE
Aumentano le applicazioni della fisica/meccanica quantistica, dalla fissione fino alla fusione nucleare, mentre nuove strutture matematiche cercano di capire se Dio gioca a dadi. Determinismo e linearità sono messe in discussione dalla centralità della probabilità.
Continuando ad indagare gli atomi si scoprono nuovi oggetti matematici.
Dagli anni Venti in poi del secolo scorso, la ricerca per comprendere a fondo la struttura degli atomi proseguì con grande intensità. Sulla base dei risultati ottenuti tramite la spettrometria, Bohr propose un modello atomico in cui gli elettroni potevano occupare solo determinate orbite, ciascuna con valori ben precisi di energia e di momento angolare e saltare in modo discontinuo da un’orbita all’altra.
Sebbene questo modello spiegasse i dati della spettroscopia, l’effetto fotoelettrico e la legge di Planck sul corpo nero, restava comunque una sorta di “toppa” applicata alla meccanica classica. Mancava infatti una spiegazione profonda, soprattutto dal punto di vista matematico, del perché le orbite dovessero essere quantizzate e di come prevedere l’andamento nel tempo di questi salti.
Questo problema fu poi risolto effettivamente da Werner Heisenberg nel 1925, proprio cento anni fa, grazie a un’illuminazione giuntagli sulla leggendaria isola di Helgoland, nel mare del nord, dove si era rifugiato per sfuggire dalla sua allergia al polline.
Una soluzione equivalente fu data poi da Erwin Schrödinger l’anno dopo.
Entrambe le soluzioni hanno una caratteristica in comune: utilizzano oggetti matematici completamente nuovi per l’epoca, o meglio mai utilizzati in quel modo per descrivere delle leggi fisiche.
Le scale si fanno sempre più piccole mentre aumentano le applicazioni: dalla fisica atomica alla fusione.
Per quanto riguarda le applicazioni della meccanica quantistica — e quindi la nascita della fisica quantistica in senso più ampio — si è andati ben oltre lo studio della fisica atomica.
La ricerca si è spinta verso scale sempre più piccole, dando origine alla fisica nucleare, che ha fornito risposte definitive a molte delle domande iniziali sulla radioattività.
Queste scoperte hanno portato alla costruzione delle bombe, ma anche all’identificazione di una nuova fonte di energia: la fissione nucleare, una tecnologia storicamente controversa. La fisica nucleare è anche alla base di applicazioni di grande utilità, soprattutto in campo medico. La risonanza magnetica, ad esempio, è un prodotto diretto della meccanica quantistica.
Nota – Deve essere chiaro che non è la fissione nucleare ad essere usata direttamente in ambito medico, ma altre scoperte, come i decadimenti radioattivi controllati per la radioterapia, oppure i tracciatori radioattivi e appunto la risonanza in ambito diagnostico. Nessuno di questi usa la fissione, se non per procurarsi le materie prime – e per la risonanza non è minimamente prevista la radioattività, si sfrutta piuttosto la struttura dei nuclei già presenti nel corpo.
Oggi si guarda alla fusione nucleare come alla possibile fonte di energia del futuro. È lo stesso meccanismo che alimenta le stelle, il Sole, e che dà risposta a una delle primissime domande da cui tutto era partito all’inizio del Novecento.
Semiconduttori, antimateria, teoria quantistica dei campi per comprendere l’universo.
La meccanica quantistica descrive teoricamente il comportamento di molecole e atomi.
Da un lato troviamo le applicazioni pratiche e dall’altro lo sviluppo di teorie sempre più complesse, con continui raffinamenti del modello quantistico.
Sul versante applicativo, studiando come si comportano alcuni materiali anche macroscopici attraverso la loro descrizione microscopica fornita dalla meccanica quantistica, si è arrivati a un’altra scoperta fondamentale: la natura dei semiconduttori.
Comprendere i semiconduttori ha permesso la costruzione dei transistor, e quindi dell’intera elettronica che oggi ci circonda, oltre che dei laser, che sfruttano l’interazione tra radiazione e materia.
Sul versante teorico, l’unione tra meccanica quantistica e relatività ristretta di Einstein ha portato alla scoperta dell’antimateria e alla formulazione della teoria quantistica dei campi, che rappresenta una base fondamentale per comprendere l’universo a livelli sempre più profondi.
Dal problema della gravità alle equazioni di Wheeler-DeWitt fioriscono nuove strutture matematiche per predire la realtà.
Uno dei motivi per cui la gravità è un fenomeno che ancora oggi non si riesce a conciliare con la meccanica quantistica, è che nel tentativo di combinare la nostra migliore teoria della gravità, la relatività generale, con la meccanica quantistica, si arriva alle equazioni di Wheeler-DeWitt, equazioni così complesse che, in molti casi, non si conosce nemmeno il significato preciso dei simboli che le compongono.
Nota – Oltre a questo e ad altri problemi teorici, c’è anche il problema sperimentale di capire come sondare in natura gli aspetti quantistici della gravità, che si manifestano, per quanto ne sappiamo, solo in ambienti estremi come i buchi neri, o nel big bang del quale osserviamo solo le conseguenze.
Nella matematica della meccanica quantistica, spesso non si riesce a dare un’interpretazione coerente a ciò che viene scritto, perché una delle rotture fondamentali introdotte da questa teoria è stato proprio l’uso di strutture matematiche nuove e inedite per la fisica dell’epoca.
Nella fisica classica le leggi sono scritte nella forma delle cosiddette equazioni differenziali, che legano una funzione alle sue derivate in modo tale che possiamo predire il valore di una precisa funzione in tutto il suo dominio. Fornendo ad esempio la posizione e la velocità di un corpo a un dato istante di tempo, risolvendo un’equazione differenziale possiamo sapere dove si troverà un corpo e quanto andrà veloce in ogni istante successivo.
Questa struttura, che già di per sé può far venire il mal di testa, nella meccanica quantistica viene sostituita da oggetti matematici diversi, dai nomi più esotici, come gli spazi di Hilbert, i cui vettori definiscono uno stato di un sistema, operatori autoaggiunti che rappresentano le quantità osservabili, autovalori di tali operatori che costituiscono i risultati di una misura. Tutti nomi altisonanti che evocano sangue e sudore di studentesse e studenti delle materie scientifiche, che da cent’anni a questa parte ci studiano sopra.
Si ha a che fare con dei simboli che – come sempre in matematica – hanno una loro grammatica, che permette di manipolarli come un linguaggio. Dalla manipolazione di questi simboli, risolvendo un’equazione differenziale possiamo ottenere delle predizioni estremamente precise sulla realtà. Predizioni della meccanica quantistica. Sul significato però di questi simboli fin dal principio ci sono stati tanti famosi dibattiti, che hanno portato a quelle che oggi sono conosciute come le diverse interpretazioni della meccanica quantistica, tutte in competizione tra loro.
Predizioni dei fenomeni fisici: astrazioni oltre le verifiche.
La prima interpretazione funzionante (cioè logicamente coerente e produttiva di predizioni verificabili) della meccanica quantistica si chiama interpretazione di Copenaghen. Da questa sono state tirate fuori delle predizioni dei fenomeni fisici, stanti delle condizioni iniziali. Nella risoluzione di un problema l’arrivo è una predizione, ma il punto di partenza è soggetto a interpretazioni. Se usiamo come esempio un interruttore, acceso o spento, secondo l’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, possiamo definire lo stato del sistema come la probabilità che l’interruttore sia acceso o spento. Uno stato può essere 100% acceso, 100% spento, oppure 70% acceso e 30% spento. Cosa significa? Che, in quest’ultimo caso, nell’interpretazione di Copenhagen nel momento in cui andiamo a fare una misura avendo predetto questa distribuzione di probabilità troveremo l’interruttore acceso con una probabilità del 70% e spento con una probabilità del 30% e il sistema cambierà stato. Poniamo di averlo trovato acceso: in questo caso il suo nuovo stato sarà 100% acceso. Questo cambio repentino di stato è chiamato collasso della funzione d’onda.
Nota – Potrebbe sembrare una predizione inutile, visto che in molti casi non abbiamo una previsione esatta, cioè del 100%, sul singolo esperimento, prima di effettuare la misura. Ma ripetendo l’esperimento molte volte nelle stesse condizioni, otterremo proprio quella frazione di interruttori accesi o spenti che abbiamo predetto.
Disaccordi tra Bohr e Einstein.
Lo stato va a descrivere una distribuzione di probabilità: quanto è probabile che il famoso interruttore sia acceso e quanto che sia spento. Da qui il problema del disaccordo tra Bohr e Einstein.
Bohr era il promotore dell’interpretazione per cui la meccanica quantistica è in grado di produrre solo probabilità, poiché la natura è intrinsecamente non deterministica. Questo non permette previsioni certe dei suoi fenomeni.
Einstein era convinto, insieme a tanti altri fisici, che la meccanica quantistica – questi oggetti matematici – ci stessero nascondendo qualcosa di più delle cosiddette variabili nascoste, delle grandezze fisiche che non vediamo e però governano deterministicamente – come gli ingranaggi di un orologio- tutta la fisica, la realtà. Einstein credeva quindi che solo un successivo sviluppo, un completamento della teoria, avrebbe potuto fornire risposte davvero definitive.
Probabilità o certezza, due visioni contrapposte mentre ci si chiede se Dio gioca ai dadi.
Le due visioni si possono riassumere nella citazione di Einstein – ormai leggenda – per cui Dio non gioca a dadi con l’universo. C’è anche la risposta di Bohr che pare abbia detto che non siamo noi a dover dire a Dio come regolare l’universo.
La partita sull’interpretazione della meccanica quantistica è ancora aperta. Esistono interpretazioni completamente deterministiche, tra cui il “superdeterminismo”. Però qualsiasi interpretazione della meccanica quantistica – questa è una costante – ci costringe a rinunciare a una qualche proprietà apparentemente indispensabile della fisica classica.
Il superdeterminismo per esempio ci costringe a rinunciare all’esistenza di osservatori indipendenti. Non esistono in questa interpretazione due esperimenti che non siano effettivamente indipendenti l’uno dall’altro e che quindi possano smentirsi l’uno con l’altro.
Esistono anche altre interpretazioni come quella a molti mondi, per cui tutti i possibili esiti di una misura si realizzano letteralmente in universi paralleli, che però non sono facilmente, diciamo così, sondabili.