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Note dopo una settimana di occupazione

Riprendiamo da Spazio di Agitazione il comunicato dopo la settimana di occupazione a Palazzo Hercolani.

Non torneremo alla normalità: è la normalità il problema

Come studentessericercatrici e dottorande abbiamo occupato Palazzo Hercolani per cinque giorni consecutivi, scuotendo dalla sua indifferenza un plesso universitario che da anni appariva vuoto e spoglio. Con questo atto radicale, abbiamo risposto a un’esigenza comune: non lasciar spegnere la scintilla che le ultime settimane hanno acceso, perché la lotta al fianco della Palestina divenga la lotta per la liberazione di tutte dall’oppressione dei fascismi e del regime di guerra in cui siamo immerse.

Obiettivi. L’occupazione se ne è prefissata due, entrambi i quali hanno a nostro avviso registrato avanzamenti. Primo: fare pressione affinché il Dipartimento di Scienze Politiche interrompa gli accordi con NATO e Marina Militare – cosa che verrà discussa al prossimo Consiglio di Dipartimento del 7 novembre. Secondo: costruire un Laboratorio Politico Permanente che restituisca all’università il suo ruolo di spazio vivo di sapere critico, confronto politico e pratiche di resistenza, invece che ridurla a una semplice fabbrica di titoli.

Pratiche.È evidente che le pratiche di lotta non rimangano sempre uguali a se stesse e debbano essere sempre aggiornate. Registriamo come quella dell’occupazione sia stata accolta in maniera eterogenea da studentesse e docenti – e di questo ci piacerebbe discuterne insieme. Per iniziare a farlo, è importante notare che in questa settimana l’Occupazione si è composta di tre pratiche distinte: Blocco delle lezioniAutogestione universitaria e Apertura di spazi di discussione politica ampi, composti da assemblee e laboratori tenuti in prima persona da studentx e ricercatorx. 

Parliamo di Autogestione universitaria nei termini in cui la programmazione di Palazzo Hercolani è stata decisa attraverso le assemblee organizzative e il dialogo con lə docenti solidali, lə quali hanno tenuto lezioni alternative volte a dotarci collettivamente di strumenti per indagare l’attuale fase di caos che viviamo nel mondo. Questa programmazione veniva poi comunicata a docenti e studentesse attraverso vari canali. In una certa misura, ci siamo sostituiti al ruolo organizzativo dei dipartimenti.

Questo confronto tra studentesse e docenti ha permesso l’apertura di un primo spazio di discussione politicche vogliamo allargare ulteriormente.

Il blocco delle lezioni invece è stata sicuramente la pratica più diretta e radicale, che ha rotto con il quotidiano scorrere della normalità. Perciò è anche quella che ha creato maggiore dibattito all’interno della comunità studentesca e dei docenti, molte delle quali hanno risposto spostando le lezioni online, sottraendosi così al confronto politico e sollevando un dibattito importante sulla legittimità del ricorso a strumenti emergenziali quali la DAD per aggirare la conflittualità politica.

Future sfide. Da qui emergono le contraddizioni più evidenti di questo momento, che riconosciamo come direzioni verso cui muoverci nel breve periodo per contrastare la deriva autoritaria che sta travolgendo l’università come istituzione:

  1. la rimozione arbitraria da parte del rettore Molari dall’ODG del prossimo Senato Accademico di una mozione approvata dal Consiglio Studentesco riguardo la rescissione degli accordi con Israele, pericoloso precedente mai registrato nella storia dell’UniBo;
  2. l’asservimento della ricerca a fondi provenienti dallo Stato genocida e da altri enti bellici, che finanziano un numero consistente di borse e assegni di ricerca, evidenziando come un’università sempre più privatizzata e priva di adeguati finanziamenti pubblici dipenda da questi accordi per mantenere in vita il proprio funzionamento e tamponare la precarietà diffusa di chi vi lavora;
  3. La riforma universitaria attualmente in discussione, che rafforza i poteri del rettore e introduce figure nominate dal governo nei Consigli di amministrazione, riducendo ulteriormente l’autonomia accademica;
  4. il DDL Gasparri, che equipara l’antisionismo all’antisemitismo, criminalizzando la solidarietà con la Palestina e minacciando libertà di pensiero e insegnamento.

Nonostante le opposizioni e la delegittimazione subita dalla governance del dipartimento, in questa settimana è emerso con forza il bisogno di uno spazio di discussione larga sulla situazione politica e il movimento che stiamo vivendo. 

Spazio di Agitazione vuole essere luogo permanente di questa discussione e Palazzo Hercolani può, con l’energia di tutte, essere uno spazio in cui sperimentare un nuovo modo di fare politica  

Chiudiamo rimarcando che per noi gli accordi con Israele vanno interrotti e per questo martedì 21 saremo pronte a farci sentire al Senato accademico. Ma la questione degli accordi apre un vaso di pandora non risolvibile con un sì o un no. 

Crediamo che per affrontare all’altezza questa discussione serva rimettere al centro il ruolo dell’università pubblica e lavorare per un’Assemblea di Ateneo larga, plurale, dove convergere e costruire questo percorso insieme.

Studentesse, dottorande e ricercatrici dell’assemblea di Spazio di Agitazione