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Note estemporanee da Budapest nel giorno dopo l’udienza del processo a Ilaria Salis

Sui siti di informazia ungherese fin da ieri la notizia della decisione di confermare la detenzione di Ilaria era in bella vista.

Note secche, stringate, pseudo oggettive per dire che Ilaria è accusata di appartenere agli “antifa” (categoria che dalla Germania andando ad est e a nord è usata come sintesi per dire quelli che “fanno casino” … d’altronde paese che vai stigma che trovi…) e non ha mai ammesso le sue responsabilità e che certo è arrivata in catene, ma durante l’udienza gli sono state tolte.

Chiaramente sui siti online ieri e sui giornali ungheresi di oggi ci sono sfumature diverse (difficili da cogliere persino con il traduttore IA) ma in generale pare che il messaggio di fondo sia semplice: Ilaria resta in carcere in nome di quello che qua porta consensi ad Orban e al suo sistema e cioè “prima la sicurezza”. D’altronde se questo pensiero autoritario/populista ha fatto breccia ovunque, anche da noi, figuriamoci nei paesi dell’ex oltre cortina-modello sovietico che in fondo fino a pochi decenni fa le libertà se le sognavano.

Zoommiamo dal nostro satellite sull’Ungheria. Prima ci appaiono le parti rurali, quelli della pancia profondo del paese, quelle che in tutto il mondo, dagli Usa alla Turchia, quando vanno a votare spostano la bilancia ancor più verso il populismo/autoritario nella speranza invidiosa di migliorare le proprie condizioni ma in ogni caso di non retrocedere ancora più. Lasciamo le vigne e i campi di cetrioli, zoommiamo nelle periferia punteggiate di capannoni logistici e terziari, zone grigio/nere di case che ricordano i film in bianco e nero del passato e planiamo tra Buda e Pest.

Zommiamo tra i boulevard maestosi dove moderne strutture non certo green si affiancano a dimore asburgici ristrutturate. Dove davanti ad hotel di lusso sono parcheggiate Maserati e Porsche. Dove i pedoni aspettano religiosamente il verde ai semafori, anche se neanche con il telescopio vedi una macchina all’orizzonte (l’abitudine all’obbedienza è difficile da perdere ….). Dove per bere un caffè puoi scegliere tra italiano, americano, greco, turco, etiopico o per mangiare spazi dai sapori arabi a quelli asiatici ma le frontiere per volere di Dio e della patria meglio chiuderle.

Zoommiamo su un cartello scritto in ungherese di un ufficio di cambio della moneta locale, il fiorino. Ma come, non siamo in Europa? In Europa non si usa l’euro? I neuroni si mettono in moto. Cerchiamo info e scopriamo che non solo l’Ungheria ma anche altri paesi in Europa non hanno l’euro ..uhm.. perché?

Scopriamo scrollando varie info su Europa e Ungheria che giusto un po’ di giorni fa il Parlamento Europa ha avviato un’azione legale contro la Commissione Ue per lo sblocco di 10,2 miliardi di euro di fondi di coesione per l’Ungheria, da tempo in stallo per problemi legati allo stato di diritto. Ma come Parlamento europeo contro Commissione? Che sta succedendo? Non essendo né esperti in economia né appassionati alle infrastrutture istituzionali ci infiliamo in un ipotetico Metaverso.

Lo scenario base è globale ed è quello dell’algoritmo del capitale finanziario, dove l’ecosistema per tutte è “denaro che produce denaro, sempre di più per relativamente pochi“.

Gli avatar sono sottosistemi che a volte si scontrano e altre si alleano, in ogni caso ognuno punta ad acquistare punteggio nello scenario e affermarsi. Ci guardiamo in giro e vediamo l’avatar cinese, bello cicciotto, per ora ben piazzato, quello americano un po’ sballottato che sta decidendo di cambiare un po’ sembianze ma sembra indeciso, in ogni caso è un po’ vecchiotto, ne vediamo diversi con una tunica bianca fino ai piedi … ah sono arabi, ne vediamo che hanno un aspetto losco un po’ da criminali, altri avatar sono caratterizzati da loghi di Company private e altri via così. Cerchiamo con lo sguardo un avatar che possa ricordare l’Europa. Uhm ne vediamo diversi.

Uno un po’ vecchio, sembra quello dell’Europa dei fondatori, un altro ci appare pixellato, come se non si riuscisse a mettere a fuoco l’Europa di oggi. Come se l’avatar Europa dell’oggi fosse un po’ confuso, in via di ristrutturazione. Beh non è così strano.

Cos’ è l’Europa? Quella della Francia che mette l’aborto in Costituzione o quella della Polonia che lo vieta. Quella dell’euro per tutti o quella che “.. intanto mi tengo la mia moneta che così sono un po’ più libero per surfare tra mercati/sanzioni/obblighi e poi si vedra'”. Quella dei diritti della rivoluzione francese, magari un po’ ammaccati e di certo da riattualizzare, o delle moderne democrazie autoritarie. Quella del welfare o quella dell’austerity. Quella che “…almeno nello spazio andiamoci insieme” oppure meglio, come fa oggi la Polonia che intanto anche si posiziona con satelliti tra le stelle, come in passato ha fatto la Francia e poi ci penseremo. Quella che sta dalla parte dell’Ucraina contro l’occupazione russa o che … meglio pensarci un attimo. Quella che non si sa che importanza ha visto che la Nato, con dentro Erdogan va per la maggiore …

Troppe cose contraddittorie, troppe le tensioni che ribollono in un Europa, che manco ha una lingua comune, come invece sottosistemi più definiti, certo magari mantenendo le varie lingue come sfondo di differenze da valorizzare.

Usciamo dal Metaverso immaginando una nuova Europa, ibrido tra il meglio di quel che ci possiamo portare dal passato e il meglio di quel che possiamo intravedere nel futuro. Dove giovani generazioni di contesti diversi per storia passata, si ibridano prospettando nuove relazioni, spazzando via vecchie istituzioni per crearne di nuove, definendo nuovi diritti, parlando nuovi linguaggi, non quelli dei boomers.

Un’Europa spazio di ibridi portatori di sovversione. Un’Europa che con il suo avatar entra ed esce dal Metaverso dell’algoritmo del capitale finanziario facendolo andare in crash, puntando a dissolvere gli odiosi avatar che lo popolano. Costruendo proprio metaversi reali liberi, non proprietari, attraenti perché inclusivi e caoticamente aperti. Dove Ilaria è libera, gli attivisti di Bologna vanno quando e dove vogliono, i CPR sono chiusi e i confini aperti, dove le tecnologie sono al servizio delle comunità e la democrazia è sviluppata – anche – dal conflitto.

Questo lo chiamiamo matriottismo europeo.