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OLTRE L’OTTO MARZO

Pubblichiamo un testo scritto a più mani dalle compagne dei Municipi Sociali di Bologna Làbas, TPO e Offside, nato dalle riflessioni portate avanti prima, durante e soprattutto OLTRE la costruzione delle mobilitazioni per l’8 Marzo.

Un testo delle ultime lotte portate avanti come compagne, legate dal filo viola della lettura transfemminista – che è come vorremmo la rivoluzione.

Delle riflessioni in divenire, che si sono anche trasformate in un podcast che uscirà ogni martedì con una parte della testo, che potete ascoltare qui su municipio zero e sulle principali piattaforme in streaming, per andare Oltre gli strumenti sempre usati, passando dalle piazze agli spazi liberati, fino a riappropriandosi di piattaforme digitali, purché non restino alla mercé di meccanismi capitalisti ma parlino anche di quello che può fare una collettività organizzandosi dal basso.

Un Oltre che continua ad evolversi e che continueremo a raccontarvi tutto da immaginare, prima di renderlo possibile.

Marea di corpi e connessioni in lotta, fulcro convergente, piano trasversale alle istanze, lente ibrida da indossare per leggere il reale e disegnare il futuro nel presente. La lotta transfemminista, quella che echeggiava tra le strade l’otto marzo e che chiede a gran voce un Oltre tutto da rivendicare.

Un Oltre che sta nelle soggettività invisibilizzate, non conformi, stigmatizzate, divergenti, marginalizzate. Un Oltre che sta in chi fa del proprio privilegio uno strumento al servizio delle lotte. Un Oltre che sta in chi, ogni giorno, cerca di rendere questo mondo praticabile.

Salute: o transfemminista, o non è

Il nostro Oltre come Laboratorio Salute Popolare è la trasformazione della sanità pubblica, che non deve solo essere difesa dalla privatizzazione ed esternalizzazione, ma anche rivoluzionata.
Crediamo nella necessità di investire adeguatamente sulla prevenzione e sulla medicina territoriale, di prossimità, per favorire una riduzione della spesa sanitaria nazionale, ed evitare di centralizzare le cure solo verso gli ospedali, dove ci si occupa principalmente di gestire l’emergenza; di finanziare percorsi di presa in carico multidisciplinare, che purtroppo sono diventati inaccessibili e soprattutto frammentati.

Per cui se curarsi significa tenere conto della globalità della persona, farlo sta diventando impossibile, sia per una frammentazione estrema dei percorsi di cura, sia per la privatizzazione degli stessi, a cui tutte/3 le/3 cittadine/3 si trovano costrette a sottostare, dal momento che le liste d’attesa del sistema pubblico sono sempre più lunghe e
inaccessibili. In questa cornice, curarsi diventa un vero e proprio lusso per una fetta sempre maggiore di popolazione.

Il nostro Oltre è riappropriarci dei dati sulla salute per dimostrare che le disuguaglianze nell’accesso alle cure riflettono ed amplificano le disuguaglianze sociali, economiche e di genere, ed è per questo che lottare per la loro abolizione significa anche lottare per i diritti umani, per il diritto all’autodeterminazione e ad una vita degna.

Il nostro Oltre sta nel lottare contro il pericoloso nepotismo esistente nel mondo dei primariati italiani, per il quale le figure al vertice della gerarchia ospedaliera provengono da lobby politiche formalmente cattoliche, che garantiscono una maggioranza di anti-abortisti all’interno della sanità pubblica. Vorremmo vedere investimenti sulla salute mentale e non sulla propaganda pro-vita, caldamente promossa dalle destre al nostro governo, dentro gli ospedali pubblici, che devono restare laici.

Le trasformazioni devono avvenire di certo dentro il Sistema Sanitario Nazionale, ma ciò non sarebbe possibile senza l’esistenza di spazi al di fuori di esso dove sperimentare alternative in modo concreto, e costruire contro-narrazioni forti.

Il Laboratorio Salute Popolare promuove la salute dal basso , l’autoformazione e la decostruzione quotidiana nell’ottica di una cura transfemminista e antirazzista. Privilegiando l’ascolto e la prevenzione partendo dai
determinanti sociali della salute.

Tutto questo lavoro di sperimentazione non viene portato avanti con l’intento della sussidiarietà e dell’assistenzalismo ma con l’obiettivo di fare da cassa di risonanza dei bisogni che intercettiamo e di rispondere a questi in maniera globale, olistica, con una lente biopsicosociale.

Il nostro Oltre sta nel portare avanti, parallelamente ai percorsi di salute attualmente attivi (sportello socio- sanitario, ambulatorio odontoiatrico e sportello psicologico), le attività dello sportello di ascolto ginecologico, che nasce con l’aspirazione di fornire un supporto alla salute sessuo-affettiva e riproduttiva . Lo abbiamo immaginato come uno spazio che utilizzi la lente della cura transfemminista, dell’ascolto, dell’accoglienza e del sostegno orizzontale, in cui la persona venga messa al centro del suo percorso di cura, per restituirle prima di tutto la capacità di autodeterminarsi nelle scelte che riguardano il proprio corpo. Salute transfemminista significa investire su spazi come i consultori che invece vengono continuamente chiusi e svuotati, privati dei presupposti con i quali sono stati costituiti.

Significa rendere accessibili tanto i percorsi su una maternità sicura e consapevole quanto quelli su un aborto sicuro, libero, garantito a tutte/3, significa dare priorità alla costruzione di reti reali di comunicazione e supporto tra i vari presidi di salute territoriali, che si traducono in diffusione capillare dei servizi di cura di comunità.

Il nostro Oltre è continuare a mobilitarci con la rete nazionale dei consultori e consultorie.
Il nostro Oltre sta nel creare alleanze con chi lavora nel Servizio Sanitario Nazionale, in assenza di tutele, con turni massacranti e rischio burnout sempre dietro l’angolo, sottoposte al continuo ricatto emotivo del lavoro di cura, per fronteggiare tutte/3 assieme, accorciando le distanze, i numerosi attacchi al diritto alla salute pubblica e per rivendicare una salute che sia realmente accessibile, transfemminista e bio-psico-sociale.

uno scatto dallo sciopero dell’8 marzo all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna.

Se ci fermiamo noi, si ferma il Sant’Orsola!

L’8 marzo insieme ad ADL Cobas abbiamo attraversato lo sciopero delle/3 lavorator3 del Sant’Orsola, uno fra i più grandi ospedali d’Italia. Da oltre un anno queste/3 lavorator3 portano avanti una vertenza contro il lavoro povero e non tutelato.

Si parla di addette/3 alle pulizie, operator3 del reparto rifiuti e del reparto biancheria, tutte mansioni esternalizzate dall’ASL a grandi aziende, in questo caso Rekeep e Operosa, le quali applicano il CCNL Multiservizi ossia un
contratto a bassa retribuzione (7€ l’ora). Per questo si richiede l’applicazione di contratti nazionali di settore più tutelanti sia dal punto di vista del reddito che quello di sicurezza e formazione.
Queste sono infatti tutte mansioni che hanno a che fare con un alto rischio biologico e che prima dell’agitazione sindacale non vedevano garantita adeguata sicurezza sul lavoro, dalle visite mediche annuali a mezzi e DPI adeguati e in alcuni casi neanche alla formazione adatta in caso di contatto con materiale biologico.

Fin da subito abbiamo capito come la lotta che stavamo portando avanti insieme a queste/3 lavorator3 fosse una battaglia collettiva, una battaglia da portare Oltre.

Il nostro Oltre sta quindi nel rivendicare una lotta che parla del diritto alla salute e all’accesso a cure idonee per tutte/3 a partire dai diritti dell3 lavorator3. Crediamo che la sanità pubblica parta da lì: dai diritti di chi ci lavora.

Per questo, dopo mesi in cui gli scioperi all’interno del Sant’Orsola hanno informato utenti e collegh3 del Policlinico circa quello che stava succedendo, abbiamo cominciato ad andare Oltre con la giornata di sciopero dell’8 Marzo denunciando a gran voce per le strade di città tutte quelle verità invisibilizzate.
Il nostro Oltre supera le singole soggettività e incrocia le lotte dell3 lavorator3 in appalto insieme al personale sanitario, alle/3 cittadine/3, alle/3 attiviste/3 sindacali e attiviste/3 della salute, per il bene collettivo che in questa vertenza è la salute pubblica.

Educazione e spazi di comunità

Il nostro Oltre sta nel disegnare scenari per un’educazione accessibile a tutte/3. Sta nei progetti di doposcuola popolare in cui attiviste/3, bambine/3 e ragazze/3 crescono insieme: spazi aperti, di mutualismo e relazione.

Ogni Municipio Sociale dedica una parte della propria quotidianità politica all’educazione informale delle soggettività in crescita, rispondendo ad un sistema educativo che rincorre il progresso economico lasciandosi alle spalle la dimensione più umana di cura reciproca e rispetto delle soggettività variegate che colorano il popolo.

Ogni giorno apriamo spazi di respiro necessari ad abbattere la tossicità del sistema scolastico meritocratico vigente e propinato dall’alto: costrutto sociale abilista e discriminatorio. Mediante le esperienze nostre e di bambine/3 e ragazze/3, vengono mostrate le derive dei costrutti istituzionali e l’inasprimento delle differenze sociali che la scuola veicola attraverso la personalizzazione, standardizzazione e capitalizzazione degli apprendimenti. Con chi non è “talentuosa/3” o “meritevole” –agli occhi del sistema del Merito- creiamo proposte individualizzate e multi-canale
per assimilare le conoscenze, dedicando cura e attenzione a tempi e funzionamenti singolari affinché i processi d’apprendimento risultino significativi e sedimentino nel tempo.

Stimoliamo le potenzialità nascoste ed emergenti, lasciamo che le soggettività possano esprimersi nella loro autodeterminazione, accompagnando le/3 ragazze/3 nell’orientamento ai gradi di scuola successivi liberandoci insieme dalle logiche di performatività, di talento o di status socio-economico che vengono loro propinate. Ci educhiamo tutte/3, grandi e piccine/3, al rendere i nostri spazi di relazione sereni per chi li vive e attraversa a prescindere da identità di genere, orientamento sessuale, appartenenza o provenienza culturale, funzionamento psico-motorio.

Il nostro Oltre sta nel praticare alternative del reale e nel lottare per una scuola accogliente ed accessibile che riconosca l’urgenza di un cambiamento sistemico dell’istituzione stessa.
Il nostro Oltre sta nel costruire voci e consapevolezze, uniche armi contro un sistema che vuole plasmare individui ubbidienti e prestanti per il profitto di qualcun altro.
Il nostro Oltre sta in un’educazione tenace che sia in grado di fronteggiare le sfide di questo secolo, dall’accoglienza alla rivoluzione digitale.

Riteniamo fondamentale avere uno sguardo interculturale, transfemminista ed intersezionale , creare luoghi di scambio di saperi autentici in cui l’altra/3 sia sempre ricchezza, compagna/3 e parte essenziale della comunità. Rivendichiamo un’idea di cura reciproca e costante , avulsa da romanticizzazioni patriarcali snaturanti, basata
sul mutuo appoggio e sulla costruzione condivisa di scenari per crescere insieme.

Per un transfemminismo internazionalista ed euro-mediterraneo

Il nostro Oltre sta nell’immaginare prospettive future, e scegliamo di farlo praticando un transfemminismo internazionalista ed euromediterraneo.

È un Oltre continuamente in relazione politica con le/3 compagne/3 di viaggio con cui si interseca il nostro cammino, i nostri orizzonti e il nostro agire, verso la realizzazione di un progetto transfemminista, di liberazione, di diritti universali, di welfare comune.

È un Oltre schierato, che schierandosi sceglie un orizzonte di costruzione e lo pratica senza scadere nell’apriorismo da tifoseria.

Un Oltre che si pone in contrasto con chi di orizzonte ne ha uno opposto, conservatore, regressivo, opprimente.

Riteniamo che la lente transfemminista vada utilizzata come chiave di lettura e d’azione rivoluzionaria nei nuovi conflitti ibridi che infiammano i sottosistemi.

Come ci insegnano le/3 compagne curde in Rojava, solamente attraverso la liberazione delle donne si può arrivare alla liberazione della società da ogni patriarcato, colonialismo, fascismo e forma di oppressione. Ci riconosciamo nella lotta delle/3 compagne/3 curde/3 che, tramite la conquista della loro autonomia e la riappropriazione dei saperi , hanno sviluppato un modello di resistenza che guarda alla libertà globale contro ogni guerra imperialista.

Come le donne curde riscrivono la mitologia e la storia tutta togliendole lo stampo patriarcale, noi con l’organizzazione cerchiamo di ri-scrivere la città, le relazioni e i desideri. La rivoluzione sociale e culturale è lenta e i suoi effetti si vedono su larga scala: è necessario costruire meccanismi elastici, trasmissibili in più linguaggi possibili, che siano radicati nella società per mutare con essa.

In Rojava vediamo come nei processi di consapevolezza e liberazione per una società democratica, ecologica ed egualitaria, la liberazione delle donne non ha come obiettivo l’ottenimento del potere, ma, attraverso una partecipazione attiva, mira a sviluppare processi di costruzione democratica dal basso.

Anche per questo siamo al fianco delle compagne ucraine che stanno resistendo contro l’invasione imperialista di Putin e ci ricordano che la loro lotta non è solo una lotta per la pace, ma anche una lotta contro la Russia patriarcale e xenofoba.

Ci riconosciamo nella lotta delle/3 compagne/3 curde/3 come riappropriazione di libertà e di autonomia.

All’interno dei nostri spazi e nelle piazze siamo al fianco delle persone che fuggono da conflitti, catastrofi ambientali, disordini sociali alla ricerca di una vita migliore. Tali soggettività nei nostri territori vivono sulla loro pelle discriminazioni, subiscono violazioni dei diritti e vengono confinate/3 nei grandi centri come i CAS dove non sono garantiti il benessere, l’accesso ai servizi e non si sviluppano prospettive per un’integrazione orizzontale nelle nostre città.

Sono le persone che incontriamo nei Municipi Sociali attraverso la Scuola d’italiano Newen, lo Sportello Migranti
e le altre varie articolazioni che ci compongono. Riappropriarsi di libertà e autonomia in chiave transfemminista vuole essere per noi anche un ribadire che siamo per la libertà di movimento, per la riappropriazione dei diritti e per un’accoglienza degna di tutte le soggettività.

Il nostro Oltre va dal Rojava alla Palestina, all’Ucraina, alle comunità Zapatiste in Chiapas. Il nostro Oltre sta nella resistenza e nella lotta di liberazione delle donne e di tutte le soggettività LGBTQ+, contro l’ascesa delle destre, dei fascismi e delle oppressioni.
Il nostro Oltre è ibrido, meticcio, internazionalista.

Prospettive urbane per il diritto alla città

Il nostro Oltre è un oltre di transfemminismi urbani.
Il progetto politico che ambiamo a costruire, su questo, è molto chiaro: non permetteremo che nessuna sorella debba, mai più, trovarsi sola davanti a un mercato immobiliare respingente, né che una sola sorella veda negato il diritto ad autodeterminare se stessa e il proprio corpo quando attraversa le strade delle nostre città.

Vogliamo far fiorire modelli abitativi sociali e non conformi, sperimentare modalità nuove ed organizzate di vivere lo spazio domestico e lo spazio urbano. Modelli di abitare inevitabilmente transfemministi, perché fucine di relazioni trasformative del presente e perché presidio nei luoghi vivi della città. Le case in cui si pratica abitare sociale, sono osservatorio transfemminista e promotrici di trasfemminismo.
Lo sono state le case che abbiamo occupato, spazi liberati, in cui abbiamo sperimentato queste forme dell’abitare, da cui ci siamo aperte alla città per invertirne i processi urbani. Lo sono, in altre modalità, gli spazi liberati, tramite il conflitto-progetto, tramite la dialettica tra governo e autogoverno, quegli spazi in cui ogni giorno facciamo organizzazione politica.

Ecco il nostro Oltre, la continuità che produce avanzamenti, che sta nel progetto politico a lungo e medio termine.
Il nostro Oltre è estensivo e moltiplicativo, che mira a portare ovunque un progetto politico transfemminista.

Dalle aule universitarie, dove non viga la prepotenza dei baroni ma l’intreccio costruttivo e attivo dei saperi; alle strade, che siano accessibili, praticabili, percorribili, senza che nessuna debba avere paura, senza che nessuna debba essere repressa; alle scelte politiche che si fanno su ogni quartiere, ogni via, ogni zona, che devono essere mosse dal tessuto sociale vivo che si autodetermina, non dalle convenienze del capitale finanziario.
Perché le città accessibili le fanno anche le donne che le attraversano, se a partire da noi si
ponderano le scelte su quali trasformazioni far avvenire nelle nostre città.

Mai più zitte, mai più sole

Quando l’Oltre sta nel coraggio della denuncia e nella vicinanza di sorelle e compagne/3.
E’ successo a fine 2023: una compagna ha scelto di denunciare la violenza agita nei suoi confronti da parte di un agente del reparto mobile durante lo sgombero dell’occupazione abitativa IN/OUT.

A quella testa spaccata abbiamo risposto insieme, in tante/3, rimarcando a gran voce che la violenza di Stato è violenza patriarcale.
Se però da un lato contiamo sei punti di sutura sulla testa della nostra compagna, dall’altro quegli stessi soggetti in divisa che hanno sferzato i manganelli stanno avendo l’ardore d’alimentare la narrazione falsa secondo cui lei sia accidentalmente inciampata nei piedi dei suoi compagni. Ma la verità noi l’abbiamo negli occhi e la ricordiamo bene. Nessuna invisibilizzazione ci metterà a tacere, nessun gioco di forza.

Il contrasto a queste violenze deve avere lettura transfemminista: il “genere” non è un tema neutro ma guarda alla dimensione politica e gerarchica dei processi sociali e dei loro effetti. Carla Lonzi insegna, in “Sputiamo su Hegel”: il porsi della donna non implica (solo) una partecipazione al potere maschile, ma una messa in discussione dell’intero concetto di potere.

Una delle facce con cui questo si manifesta risiede nel sistema delle Forze dell’Ordine, da sempre comparto machista cameratista e bianco, in una società misogina, colonialista e patriarcale, e strumento di uno Stato che li addestra all’ordine e al potere e vara sempre più leggi a tutela dei loro abusi.
Neanche le decine e decine di piazze caricate e manganellate negli ultimi mesi del 2023, primi del 2024, sono bastate a fare un passo in avanti in tema di democrazia.
L’Italia rimane indietro rispetto al resto d’Europa sull’inserimento dei codici identificativi sui caschi e, di fatto, quello con cui risponde alla cronaca di piazza è l’inasprimento delle pene per i manifestanti sostenendo di non voler minare l’affidabilità delle FF.OO.

Ciò che palesemente si sta cercando di inficiare, invece, è il diritto di manifestare e di dissentire.
Sei dei nostri compagni sono stati confinati fuori da Bologna e poi contraddittoriamente fatti rientrare con l’obbligo di restare sul suolo bolognese, tutto questo in risposta al rumore della nostra forza collettiva dirompente, la stessa con cui avevamo difeso insieme il tetto di oltre 40 persone.

Anche in questo caso la repressione tenta di mascherarsi di democrazia adducendola come motivazione all’imposizione di queste misure 𝑝𝑢𝑛𝑖𝑡𝑖𝑣𝑒 che ci definiscono come “socialmente pericolose/3”.

Lo chiedevamo in piazza e lo riproponiamo: chissà come può essere socialmente pericoloso lottare per la salute pubblica, per condizioni di lavoro degne, per l’accessibilità dell’educazione, per la libertà di movimento, per inedite forme di abitare sociale cooperativo. Lo affermavamo nella stessa piazza e lo ribadiamo a gran voce: socialmente pericolosi sono i vostri manganelli, le vostre politiche securitarie, sovraniste e fasciste.

La denuncia di Martina è la denuncia di tutte/3 noi: non siamo per la logica delle mele marce, l’intero sistema è da ripensare.

Il nostro Oltre è invadere tutti gli spazi dell’esistente con voci e corpi affinché siano megafono atto a rendere visibile l’invisibile.
Il nostro Oltre fa rumore, non ci vedrete mai più zitte e mai più sole davanti ai continui abusi e
soprusi e l’omertà che li caratterizza.
Il nostro Oltre è affermativo, ostinato, resistente.
Il nostro Oltre lo costruiamo anche a partire da Vicolo Bolognetti, senza arretrare di un passo.

Siamo scomode/3, invisibilizzate/3, non conformi, stigmatizzate/3, divergenti, marginalizzate/3.
Siamo tante/3, siamo ovunque e sappiamo essere marea.

Oltre l’8 marzo, la lotta continua.
Aquì estamos.

Le compagne di Làbas, TPO, OFFside