Nei precedenti interventi abbiamo sostenuto che non siamo più nel tempo dei post (post-fordismo, post-moderno) – categorie che hanno avuto senso nel segnare la fine del ciclo della modernità. Oggi siamo nell’epoca dell’Oltreumano, un mondo nuovo che si materializza tra continue collisioni di poteri, vecchi e nuovi.
Ogni giorno ci arriva un nuovo pezzo del puzzle di questo mondo. Ci accorgiamo che l’Oltreumano è ibrido, fatto di tecnologie, algoritmi, soggettività emergenti, ambienti mutati e sotto-sistemi che non hanno più nulla a che vedere con quelli del passato. Non è solo il segno di un cambio d’epoca, ma di un salto di era geologica. Il capitalismo stesso, quello che abbiamo definito come Il sistema, sta cambiando, sicuramente non è più unipolare.
Continuare a forzare i pezzi dentro un vecchio puzzle già completato significa autoconvincersi di qualche ideologia del passato, divenire conservatorə o restare per sempre irrilevanti. D’altro canto, se si vuole essere parte del nuovo materialismo che trasforma l’ordine delle cose, oggi, si rischia di incrociare nella strada partiti di destra estrema o qualche setta anarco capitalista, ma raramente si incrociano “i compagni e le compagne”, e questo è un problema.
Mentre moltə si affannano a ripetere vecchie formule, c’è chi il nuovo puzzle lo sta già completando; e c’è anche chi, per dominarlo, fa tabula rasa di vite, territori e città. Ci sono tanti modi di agire nell’Oltreumano, tutti modi che vanno presi sul serio. Il piano su Gaza fa parte dell’Oltreumano, così come ne fanno parte l’invasione dell’Ucraina, il Partito Unico Cinese e la rincorsa di Trump a costruire la sua dinamica oltre la democrazia.
Mentre scriviamo nuove bombe cadono dal cielo. Trump gioca le sue carte come un venditore di tappeti stabilendo il prezzo in base al momento, forzando la mano perché è consapevole che nulla tornerà come prima. Nel caos sistemico ogni mossa è imprevedibile e pericolosa, ma come dimostra la guerra mossa da Israele all’Iran le azioni sono preparate da lungo tempo e hanno conseguenze che modificano il reale per un tempo ancora più lungo. La rivoluzione dall’alto – la dinamica in cui attualmente siamo immersə – non è solo un insieme di mosse scaltre, ma un nuovo paradigma. Per quanto ci facciano ribrezzo, bisogna osservare ciò che fanno: per preparare la rivoluzione ci vogliono tempo, mezzi e un orizzonte. Tra tutti gli Oltreumano possibili manca il nostro.
Con questo testo diviso in 3 parti ci proponiamo di aggiungere altri pezzi al puzzle.
#1 Oltreumano. Tutto è cambiato, ma veramente
#2 Oltredemocrazia. Conflitto con-senso progettuale
#1 Oltreumano. Tutto è cambiato, ma veramente
Per fortuna non siamo lə solə a esserci accortə che viviamo in un tempo di grandi cambiamenti. Frasi come “il mondo è cambiato”, “tutto è diverso”, “è cambiata la fase”, sono entrate nel lessico comune, dai dibattiti mainstream alle discussioni di movimento. Sembra, tuttavia, che ci sia una sorta di difficoltà a prendere seriamente queste affermazioni. Il cambiamento, infatti, non viene visto come un elemento di non ritorno ma come qualcosa di congiunturale, che può essere affrontato in modo da poter ritornare a quello che c’era prima. Si tratta di un’idea di percorso storico che non ci appartiene perché da materialisti – quali siamo – sappiamo che in realtà niente torna come prima, e che si va sempre in avanti con tutte le contraddizioni, i livelli e le tragedie che questo comporta. A volte alcune cose possono anche sembrare un ritorno al passato, in forma di tragedia o di farsa, però niente torna come prima – non si può rimettere il dentifricio nel tubetto.
Se abbiamo la consapevolezza piena che c’è un cambiamento di fase bisogna essere convintə fino in fondo che si tratta di una ripartenza per la militanza politica. E’ un aspetto di cultura politica fondamentale per poter farla finita con le ideologie del passato e affrontare liberamente le sperimentazioni nelle condizioni reali che abbiamo di fronte oggi. Quindi, se si sostiene una tesi, bisogna saper agire di conseguenza. Quando diciamo che il mondo non è più unipolare a comando americano, ma che siamo di fronte a una dinamica di sottosistemi di potere (link), ci deve essere la consapevolezza delle conseguenze che questo comporta anche nell’agire quotidiano. Non può essere solo un’espressione di tipo generale e teorica che non incide sul modo di concepire quello che si ha di fronte e che bisogna affrontare.
Fine della globalizzazione neoliberale a guida americana
Siamo in un cambiamento di fase decisiva. L’abbiamo chiamato cambiamento di era e di evo per dire che siamo di fronte non solo ad un cambiamento di paradigma storico ma anche antropologico, ambientale e di era geologica.
Siamo in una dinamica tridimensionale della realtà – territoriale (dove i nostri piedi calpestano il suolo e la Terra non è solo una grande superficie sferica, ma un pianeta volumetrico intrinsecamente connesso), virtuale (chi ha un accesso a internet trascorre in media 7 ore al giorno online) e spaziale (pensiamo ai satelliti – di cui si servono tutte le funzioni digitali che quotidianamente utilizziamo – o all’estrazione di materie prime dagli asteroidi, o ancora alla terraformazione. Musk, dopo aver bisticciato con Trump, ha twittato: “whatever happens, we have got the spaceships, and they do not”). Siamo del tutto immersə in una dinamica tridimensionale. Di conseguenza, il concetto di spazio e tempo rispetto ai secoli passati è cambiato.
Siamo di fronte a una dinamica di fine della globalizzazione a comando americano che si era determinata in questo modo anche per rispondere alle lotte operaie e all’insorgenza rivoluzionaria degli anni Sessanta, Settanta e in parte Ottanta. La dinamica della globalizzazione neoliberale che abbiamo affrontato nelle mobilitazioni da Seattle a Genova contro il G8 è finita, ed è finita in tutto il mondo. Si è trattato di un percorso non immediato che è passato dalle Torri Gemelle, dal protagonismo di soggettività per noi ai tempi poco conosciute come l’Islam politico e da tante altre dinamiche che hanno messo in discussione quel tipo di sistema.
Cosa abbiamo di fronte?
Nei precedenti interventi sull’Oltreumano abbiamo argomentato che ci troviamo in una fase caratterizzata da un meccanismo di guerre permanenti tra sottosistemi – cioè, vecchie e nuove potenze statali, economia criminale, Islam politico, fondi di investimento, Musk, Chiesa cattolica, etc. – che si confrontano e si contendono spazi di potere e di conquista di un meccanismo nuovo di comando capitalista. Abbiamo sottolineato capitalista perché il nodo, il dramma, sta lì, proprio nel fatto che sempre nel sistema capitalista siamo immersə. Quindi, la globalizzazione neoliberale a guida statunitense è finita, ma non è finito il capitale finanziario globale.
Ma attenzione. Anche questo non è uguale a prima. Iniziamo a tenere ben presente questo nuovo elemento di ricerca: non siamo più di fronte a quello che anche noi, qualche anno fa, avevamo analizzato come un dato assoluto, e cioè che il capitalismo finanziario – moneta che produce moneta – era il livello massimo che tutto sovrasta, dove tutto il resto stava sotto e che oltre a esso non si intravedeva cosa potesse esserci di nuovo dal punto di vista dei processi di valorizzazione capitalistica, di nuovi paradigmi di accumulazione.
Il capitalismo dell’Oltreumano si è messo in moto
Ora vediamo che si sta affermando un capitalismo dell’Oltreumano – quello incarnato non solo da Musk, ma anche dalla Cina – che è andato oltre la produzione della moneta attraverso la moneta, spingendosi a produrre nuove forme di mercato. Un capitalismo che guarda allo spazio – ormai non più sogno della fantascienza come tuttə noi pensavamo –, che investe sul controllo delle rotte stellari, sui satelliti, sulla tecnologia, sull’IA, sulla robotica, sul controllo neurale. Il capitalismo dell’Oltreumano, quindi, va oltre il post-fordismo nella misura in cui non si accontenta del capitalismo finanziario che comanda tutto, ma inizia la competizione su nuovi terreni.
Rivoluzione dall’alto
Quello che abbiamo di fronte con il capitalismo dell’Oltreumano è una nuova tappa della rivoluzione, intesa come movimento reale che abolisce lo stato di cose presente, che dal 2000 in poi si sta producendo dall’alto.
Dall’inizio del millennio i cambiamenti epocali, la capacità di capire cosa cambiava e cosa poteva essere usato nel riprodurre processi di valorizzazione l’hanno fatta i potenti, il capitalismo dall’alto. Dal basso c’è stata sempre meno capacità di giocare una ricerca vera di cambiamento dopo la crisi del comunismo nelle sue tante varianti, compresa la fase movimentista degli anni settanta. Si è persa la ricerca di una nuova rivoluzione. Si è preferito ragionare sul concetto di resistenza ai cambiamenti rivoluzionari che l’alto faceva. Da trent’anni noi rispondiamo sempre a quello che fanno lə altrə, non sono lə altrə che rispondono a quello che facciamo noi.
Questo è un elemento di cambiamento strutturale che bisognerebbe modificare come modo di stare in questo mondo.
Oltre la moneta, oltre lo stato
Il capitalismo dell’Oltreumano, dunque, non è né il capitalismo fordista né quello post-fordista. Non è quello fordista, che doveva tener presente una composizione operaia che aveva un suo potere e che con le sue lotte aveva imposto lo stato sociale. La centralità della grande fabbrica comandava su tutto: lo sciopero fatto alla Fiat, per capirci, determinava i rapporti di forza complessivi in Italia. Ma il capitalismo non è neanche più nella sua fase post-fordista, nella dinamica di comando e sussunzione della frammentazione del general intellect. Quello che funziona è la nuova competizione capitalista su frontiere innovative, che sta producendo enormi scombussolamenti.
Nel concetto di capitale finanziario, su cui anche noi abbiamo basato l’analisi della fase precedente, una certezza era la moneta come forma massima di espressione del comando e di capacità di tenere in piedi tutto l’insieme. Per questo motivo, erano state costruite determinate regole, una geometria di strutture in cui i fondi di investimento spostavano gli equilibri di potere. Nella frammentazione della società pesava chi comandava e aveva in mano i fondi di investimento.
La voglia d’anarchia del capitale
Da quando il capitale dell’Oltreumano, sia quello privato che quello statale, si è messo in moto, anche la certezza della moneta non è più tale. I fondi di investimento sono una parzialità, e questa parzialità significa anche che il concetto di moneta – e in particolare del dollaro come moneta di riferimento del processo capitalistico finanziario globale – non è più un elemento di certezza su cui basare le nostre analisi. Anche in questo caso, sia nei dibattiti mainstream che di movimento, tutti dicono che il dollaro in crisi non potrà essere sostituito da un’altra moneta in grado di prenderne il posto. Ma allora, perché non riusciamo a fare i conti con le conseguenze che questo comporta? Ad essere strutturale, sistemica, è divenuta la competizione nel sistema.
Ecco che in questa nuova situazione emerge con forza la questione delle criptovalute: da elemento folcloristico molto minoritario sta diventando sempre di più un elemento di ragionamento, un riferimento per il presente. Chiaramente questa novità ha un impatto complessivo micidiale, nella misura in cui vorrebbe dire superare definitivamente le Banche centrali. Questo, a sua volta, comporta superare definitivamente le sovranità statali e, per certi versi, tornare ai vecchi e mai sopiti sogni d’anarchia del capitalismo. Il capitalismo di per sé nasce come capacità di arricchire: in poche parole, ci si può arricchire tuttə, a prescindere dai vincoli imposti dalle sovrastrutture, che possono essere un impedimento. Le sovrastrutture sono state imposte al capitalismo dalla lotta di classe: la forma dello stato, lo stato sociale, lo stato liberale, etc. Tutte quelle sovrastrutture, oggi, vengono messe in discussione da questa nuova spinta del capitalismo dell’Oltreumano.
Crypto for all
Siamo di fronte ad un cambiamento di epoca. Cosa può produrre tutto questo? Disastri, come minimo. Abbiamo appena visto Trump coniare la propria crypto e arricchirsi ulteriormente. Sentiamo la proposta di ancorare il debito americano alla crypto per non essere condizionati dai cinesi o dagli europei. Insomma, c’è la spinta a poter lavorare senza nessun vincolo, neppure monetario. E se nemmeno il vincolo monetario è più una certezza, vuol dire che il cambiamento di cui parliamo è già in fase avanzata.
Ormai, quando parliamo di criptovalute non possiamo più bollarle come fantascienza politica: nelle ultime relazioni tutti i direttori delle principali banche ne parlano. La questione è seria, come serie sono le conseguenze dal punto di vista della geopolitica. Se salta il meccanismo classico sovranità-banca-moneta-geopolitica, il caos sistemico si amplia e inscrive sempre più nella realtà una dinamica indeterminata che può andare in qualsiasi direzione.
Rivoluzione, resistenza, reazione
È importante cercare di comprendere appieno tutte queste dinamiche per potersi muovere nel presente. O facciamo nostra questa complessità di incastri, oppure ci si ferma a sperare che tornino le vecchie cose che funzionavano prima di noi, adagiandosi in dinamiche di tatticismo puro. Si fanno cose per reggere il colpo in funzione di quello che altri fanno, per poter garantire una risposta in forma di resistenza, ma non si aggiunge niente come possibilità di giocarsi dal basso qualcosa in termini di cambiamento e di utilizzo del materialismo che cambia, proponendo una nuova idea di rivoluzione.
Il problema è questo: se lasciamo il concetto di rivoluzione a quelli che stanno in alto, questi andranno avanti cambiando continuamente e rimodulando le regole a loro piacimento. In questa dinamica, anche la destra cambia. Non è più solo la classica destra reazionaria. Eravamo abituatə a vedere la sinistra che cambia e la destra che vuole mantenere lo status quo. Questo schema è cambiato: la sinistra nelle sue varie correnti si arrocca in difesa, mentre la destra interpreta il cambiamento. Potremmo dire che siamo diventatə anche noi, che volenti o nolenti ci sentiamo parte della sinistra, conservatori. Ma questa cosa non può durare all’infinito. Prima o poi bisognerà fare la scommessa di affrontare il tema di una rivoluzione da parte nostra che stia dentro le condizioni materiali dell’oggi – condizioni che non sono certo quelle del Novecento e neanche quelle dei primi anni 2000.