ADL Cobas e i Municipi Sociali di Bologna saranno in piazza venerdì 28 novembre, dalle ore 9.30 in P.zza Maggiore, in occasione dello sciopero generale contro la finanziaria di guerra del governo Meloni.
Le guerre in corso stanno trasformando il capitale e i rapporti sociali, trascinando l’Europa e non solo dentro una nuova stagione di militarizzazione, controllo e dismissione di ogni prospettiva ecologica e sociale. Nel grande spettacolo dei “re” contemporanei – oligarchi e tecnocrati, governi autoritari e padroni globali – assistiamo alla costruzione di un mondo dove la violenza è chiamata ordine, l’ingiustizia viene giustificata come necessità e il profitto come destino.
Il genocidio in Palestina ha mostrato quanto a fondo può spingersi la logica dell’annientamento: Gaza è diventata la misura estrema di ciò che questo sistema è disposto a infliggere. Dietro la “pace” imposta da questi “re” a Gaza – come quella che si prospetta in Ucraina – si afferma politica di potenza e progetto neocoloniale attraverso occupazione, controllo e sfruttamento. Mentre il governo Meloni continua a sostenere lo Stato di Israele e la sua economia di guerra e di occupazione, noi scegliamo il campo della libertà, della solidarietà e della giustizia, quello espresso dalle straordinarie piazze che negli ultimi mesi hanno portato in strada milioni di persone in sostegno al popolo palestinese e contro ogni oppressione.
Dentro questa congiuntura, rifiutiamo la finanziaria di guerra del governo Meloni, una legge di bilancio che definanzia il welfare, impoverisce ancora di più chi lavora e chi abita le nostre città e spalanca nuovi spazi a spesa militare, rendita e grandi profitti. È la stessa logica che anche a Bologna continua a favorire la rendita e i padroni della città – immobiliaristi, fondi d’investimento, piattaforme – responsabili della crisi abitativa, degli sfratti e dell’espulsione sistematica di chi non può permettersi affitti turistici, camere-loculo e salari da fame. Lo vediamo nelle vite di chi manda avanti il lavoro metropolitano: precari, working poor, lavoratrici e lavoratori dei servizi in appalto, della ristorazione, del turismo, della logistica. Sono loro a creare ricchezza, ma sono gli stessi a cui viene negato il diritto a viverla.
Scioperiamo quindi per il salario diretto e indiretto, contro l’impoverimento strutturale e contro chi usa inflazione e precarietà per governarci.
Scendere in piazza il 28 novembre significa inserirsi dentro una processualità più ampia, che tiene insieme scioperi, movimenti climatici, mobilitazioni transfemministe, battaglie per la casa e solidarietà internazionale. Significa continuare a generalizzare le lotte, a costruire convergenze reali e non rituali, capaci di attaccare i rapporti di forza che rendono questi “re” così potenti. Per farlo è necessaria una prospettiva politica capace di oltrepassare i confini angusti delle ricette neo-nazionali e di opporsi al sovranismo, aperta e costituente a partire dalle esperienze dei movimenti europei e globali che già oggi si battono per solidarietà, giustizia eco-sociale e libertà.
Torniamo in piazza con il desiderio di costruire un’altra vita possibile e la volontà di liberarsi da chi bombarda e occupa, da chi specula e sfratta, da chi sfrutta e militarizza, da chi governa precarietà e paura. Per rompere con i recinti della nazione e dell’identitarismo, per costruire insieme un percorso che tenga insieme le lotte locali e quelle globali.
Il 28 novembre scioperiamo e manifestiamo, per portare la nostra forza, la nostra rabbia e il nostro desiderio di giustizia. Con questo stesso spirito il 29 Novembre saremo alla manifestazione per la Palestina a Roma insieme alle nuove convergenze sociali che si stanno facendo spazio nel paese e nei territori contro i Re e le loro guerre, per sostenere con forza la lotta per la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri politici.
A chi ci vuole suddite rispondiamo che non abbiamo bisogno del loro permesso per essere liberi e libere.
