Riportiamo di seguito alcuni passaggi dell’intervista a Vitalii Dudin, head of the board di Sotsialny Rukh; Denys Pilash, attivista di Sotsialny Rukh e membro del board editoriale di Commons Journal; e Olexander Skyba, membro del board di Sotsialny Rukh e leader del ramo di “Free Trade Union of Railway Workers of Ukraine” di Darnytsia Locomotive Depot (Kyiv).
- Ci potete fare una breve introduzione sulla vostra organizzazione, anche da un punto di vista storico? Poi, potete chiarire due aspetti: uno, riguardo la vostra strategia per allargare il consenso verso la vostra organizzazione nel prossimo futuro, e l’altro, rivolto più al passato recente, come avete affrontato come attivisti o militanti l’ultima fase della storia ucraina, a partire da Euromaidan? Inoltre vorremmo capire meglio come percepite il modello della sinistra durante questa fase in Ucraina? Quali valutazioni fate su quello che è successo negli ultimi 10 anni? E di conseguenza, come vi siete sviluppati e quali sono i vostri campi di intervento politico e sociale?
Vitalii: La nostra organizzazione è apparsa in un periodo molto critico. L’abbiamo fondata nel 2015, dopo Euromaidan. Euromaidan è terminato nel 2014 e da allora abbiamo osservato l’emergere di un nuovo sistema politico, meno pluralistico, più di destra. In realtà, ogni governo ucraino, sia esso filo-russo o filo-occidentale, seguiva lo stesso mantra neoliberista. Più privatizzazioni, austerità, libero mercato. La differenza è che i governi precedenti a Euromaidan erano orientati a una graduale neo-liberalizzazione della nostra società, mentre quello eletto dopo il 2014 ha puntato a una rapida liquidazione dei sistemi sociali ed economici esistenti. Forse non ho ragione al 100%, ma credo si possa dire che il governo precedente ha cercato di trovare un equilibrio per evitare passi falsi. Naturalmente, ha fallito, ha fallito completamente. E risultati si sono visti nei tanti conflitti sociali, culturali e nazionali. È per questo che è nato Maidan, come un’esplosione di energia popolare e risultato di molteplici contraddizioni.
Maidan è stato un movimento democratico, ma i suoi risultati sono stati monopolizzati da piccoli gruppi di oligarchi e dai loro servi neoliberali. Così, i frutti delle proteste sono stati colti dal ristretto gruppo di élite, che ha iniziato a promuovere rapide riforme di mercato. Inoltre, sono riusciti ad applicare la cosiddetta legge sulla decomunistizzazione, che ha creato alcune disposizioni legali per limitare la libertà di espressione. Ciò ha portato all’interdizione del Partito Comunista ucraino. Il partito aveva già cessato di esistere prima del 2015 (perché aveva perso tutto il supporto), ma questa interdizione ha creato una sorta di discussione pubblica e ha fatto sorgere una domanda chiara: è ancora legale essere di sinistra in Ucraina, è legale essere socialisti in Ucraina o questo divieto riguarda solo il Partito Comunista? Abbiamo quindi deciso di creare una nuova organizzazione di ampio respiro, che si battesse principalmente per i diritti sociali dei lavoratori, ma che nella sua visione politica dichiarasse di essere un’organizzazione socialista democratica. Abbiamo costituito Sotsialny Rukh, un’ONG che si batte per la tutela dei diritti dei lavoratori, contro ogni forma di discriminazione, supportando dalla comunità LGBTQI+ alle persone di lingua russa. Inoltre, abbiamo cercato di costruire un partito politico dal 2015. Ma non ci siamo riusciti, perché il nostro sistema elettorale è stato rapidamente riformato, imponendo ulteriori requisiti per la formazione di un partito politico. Oltre alla raccolta di 10.000 firme, sono necessari molti soldi solo per ottenere la registrazione.
Quindi oggi, la nostra organizzazione è tra le poche rimaste che esprimono chiare posizioni socialiste e anticapitaliste. Ci ritroviamo gli unici rimasti sulla scena, mentre il cosiddetto vecchio partito di sinistra, che non ha fatto nulla per proteggere i diritti sociali degli ucraini prima di Maidan, oggi è fuori dal sistema politico. Naturalmente è particolarmente difficile svolgere questo compito in tempo di guerra, quando viviamo diverse limitazioni alla libertà di riunione. Ma pensiamo sia importante preservare la nostra organizzazione e renderla più forte grazie ai contatti con diversi gruppi sociali e sindacali ad esempio infermieri, ferrovieri, minatori ed altri. In questo modo, dopo la fine della guerra, potremmo partecipare alla lotta politica in modi diversi, sia a livello locale che nazionale.
Denys: In realtà, non siamo mai stati un’organizzazione orientata esclusivamente alle elezioni e spero che non lo diventeremo. Perché il nostro obiettivo principale è sempre stato la lotta di classe, nei luoghi di lavoro e nelle strade. Un esempio tra gli altri sono le lotte che abbiamo supportato a Kryvyi Rih, una città industriale nel sud-est del paese. Siamo andati lì anche per sostenere e organizzare scioperi. Abbiamo aiutato i sindacati indipendenti locali a fare una campagna per i 1.000 euro come salario minimo per i lavoratori delle fabbriche metallurgiche e dell’industria mineraria. E non si trattava solo di salari, ma anche di condizioni di lavoro e di dignità umana di base. Quasi ogni anno si sono verificate proteste spontanee nelle miniere, nelle raffinerie di minerali e all’ArcelorMittal Kryvyi Rih Steel Plant, probabilmente una delle più grandi aziende dell’Ucraina.
Vitalii: Sì, questa è una delle ragioni principali per cui esiste Sotsialniy Rukh come organizzazione politica che cerca, contrariamente a tutto ciò che esiste nella politica mainstream – che è una narrazione liberal-conservatrice o nazional-conservatrice – di fornire una soluzione che affronti il nocciolo dei problemi della società e dello Stato ucraino, cioè il capitalismo oligarchico neoliberale periferico, e fornisca un’alternativa socialista democratica e militante. L’idea è quindi quella di riunire persone provenienti da diversi sindacati, da altri movimenti sociali progressisti, dal mondo accademico, e di costruire un fronte comune di sinistra che sia chiaramente anti-capitalista, e quindi contrario a tutto ciò che esiste in Ucraina.
Denys: L’Ucraina non è l’unica a vivere questa situazione. Spesso viene dipinta come se fosse il paese peggiore del mondo. Ma tutta l’Europa dell’Est vive lo stesso problema: le idee di sinistra sono state screditate dai crimini stalinisti e, in molti casi, anche da come i cosiddetti partiti di sinistra si sono comportati dopo il crollo del socialismo reale. Anche, però, da quel capitalismo selvaggio che è stato imposto a partire dagli anni Novanta. L’Ucraina non è l’unica, segue solo la tendenza comune dell’Europa centro-orientale, e noi dobbiamo reinventare questa politica progressista di sinistra al posto di questo screditato fronte stalinista e post-stalinista.
- Se dite di voler costruire un’alternativa di sinistra, significa che volete creare per il futuro un governo diverso per l’Ucraina?
Denys: Sì, ma non solo. Anche in questo caso si tratta della mia visione personale, non mi interessa la politica elettorale. Sono interessato a una rottura rivoluzionaria del sistema capitalistico. E questo implica anche la lotta per il potere politico, ma va molto al di là delle limitazioni nazionali. Richiede vere e proprie lotte internazionali. Si tratta di smantellare le strutture generali del potere politico e di classe del sistema.
- Non volete arrivare al governo per elezioni, ma volete comunque governare?
Denys: Non credo sia realistico arrivare al governo in questa fase, ma tutto accade in modo così inaspettato che bisogna essere pronti, bisogna avere un’organizzazione politica nel caso in cui, ad esempio, si verifichi un’altra grande e massiccia protesta popolare per fornire un’agenda di sinistra, per far sì che non si tratti solo del cambiamento delle élite politiche. Questo è, ancora una volta, il mio punto di vista personale, e all’interno dell’organizzazione ci sono diversi punti di vista, ci sono persone con una visione più socialdemocratica e persone con una visione più socialista rivoluzionaria, al limite dell’anarchismo.
Ma tutti noi abbiamo in comune gli obiettivi a breve e a lungo termine, perché abbiamo bisogno di proteggere i diritti del lavoro, sociali, civili e politici qui e ora, ma anche di unirci alla prospettiva di una società senza classi che sarebbe un sollievo dallo sfruttamento e da altre piaghe, come la guerra. Quindi ci dobbiamo dotare di molti strumenti. Si possono usare gli strumenti della politica elettorale, gli strumenti dello sciopero, gli strumenti di altri modi di organizzazione, e noi non ci sottraiamo a nessuno di essi.
- Forse ci sono anche delle ragioni etniche, territoriali e nazionali per la guerra, ma volevo chiedervi quali sono secondo voi le questioni economiche e le ragioni più strutturali di questo conflitto?
Vitalii: Credo che la Russia fosse interessata a ottenere un rapido accesso ai mercati europei, e naturalmente ha bisogno del nostro grano e metallo. Credo che sia stata una delle ragioni principali di questa guerra, per ottenere il controllo sulla produzione agricola ucraina e sulla nostra produzione di minerale di ferro. Molti dei nostri impianti industriali nell’est del paese sono distrutti, tranne pochissimi come l’impianto Yuzhmash di Dnipro che produce missili per i programmi spaziali. Inoltre, le radici di questa guerra risiedono nel desiderio sciovinista delle élite del Cremlino di ingrandire il prestigio della Russia al costo di un’invasione territoriale e a scapito della sua alleanza nominale con UE e USA. Quindi, l’aspetto economico è stato molto importante, ma il caso principale è rappresentato dalle ambizioni imperialiste di Putin. Deve dimostrare al suo popolo di essere un leader influente e il modo migliore per evitare una crisi politica interna è stato quello di iniziare questa guerra. Ad essere onesti, non penso che in Russia sia diffusa l’idea della minaccia dell’espansione della NATO come casus belli. Penso che sia stata solo retorica, niente di più. Se parliamo di questioni etniche, come la richiesta di protezione dei diritti delle persone di lingua russa, credo sia falsa, ma possiamo chiedere ad Olexander, che è originario della regione russofona nel sud dell’Ucraina.
Olexander, Qual è stato il ruolo della popolazione di lingua russa nell’invasione? Si sentivano talmente oppressi dal governo ucraino da essere favorevoli ad una guerra? E la gente ha davvero chiamato gli occupanti nelle regioni come Zaporizhia o Donec’k?
Olexander: Nessuno voleva finire sotto il martello della guerra a causa della lingua. Sì, quelle regioni non hanno sostenuto Maidan. Le regioni meridionali e orientali si sentivano a disagio dopo Maidan, perché è stato un momento che ha aperto un palcoscenico per i nazionalisti, per la loro espressione al massimo livello. Per questo molte persone temevano possibili atti di discriminazione, di essere costrette a usare solo la lingua ucraina, ma non tutti sanno parlare ucraino in questa parte del paese. Inoltre, queste regioni potevano essere definite filorusse, dal momento che avevano legami economici con la Russia. Ma questo non significa che la gente appoggi la politica del Cremlino. Anche se le persone si sentivano a disagio, oppresse o discriminate, non avrebbero mai scelto la guerra, perché venire bombardati o subire una sorta di oppressione a causa delle proprie lingue sono due cose completamente diverse.
Vitalii: Voglio aggiungere che è vero, questo problema esisteva, i diritti delle minoranze russofone non erano garantiti del tutto. Ma credo che la questione non fosse così grave da diventare la causa della guerra. Penso che se ne sarebbe dovuto discutere di più e forse, durante il mandato di questo presidente, la questione avrebbe potuto essere gestita meglio. Ma dopo la formazione delle cosiddette Repubbliche popolari di Luhansk e Donetsk, gli ucriani le hanno riconosciute come satelliti e agenti della Russia nel proprio territorio. Per questo motivo, anche in termini di diritti linguistici e di ulteriore protezione delle minoranze, non si è più voluta accettare nessuna concessione alla Russia. Quindi la questione è diventata molto politicizzata. Va detto che Zelensky è stato eletto come portavoce di una piattaforma inclusiva. È stato visto come un candidato di riferimento che poteva rivolgersi a tutti i gruppi della società, provenendo da una famiglia ebrea assimilata dell’intellighenzia sovietica e di lingua russa. Non aveva alcun tipo di programma nazionalista alle spalle. E anche la popolazione voleva raggiungere una sorta di pace duratura. La gente avrebbe accettato alcune concessioni simboliche, come alcuni aspetti culturali e di altro tipo. Ma la Russia ha esercitato pressioni fin da subito. Putin ignorava l’esistenza di Zelensky: “Tu non esisti. Sei una pedina. Anche l’Ucraina non esiste. Negozierò solo con Washington”. Così ha evitato qualsiasi negoziato personale e ha cercato di imporre che venissero fatte concessioni territoriali e il riconoscimento dello status speciale delle cosiddette repubbliche. In questo modo si sarebbe potuto indire elezioni senza ripristinare il controllo del confine ucraino e senza aderire alla legislazione nazionale, facilitando l’installarsi di figure di potere che non rappresentano nessuno, se non l’influenza russa sulla politica ucraina. Questa linea è stata rifiutata dalla popolazione del paese. Non la lingua o la cultura, ma l’interferenza diretta della Russia sulla nostra politica. E anche il riconoscimento, ad esempio, dell’annessione della Crimea.
Denys: Con il pretesto di proteggere i russofoni, Putin ha ucciso il numero record di russofoni dalla Seconda guerra mondiale. Città come Kharkiv, per lo più russofone, erano quelle che soffrivano di più a causa dei bombardamenti, degli attacchi missilistici e così via. Naturalmente il nostro Paese non era unito a livello nazionale. Ma dopo l’invasione russa la gente è diventata più orientata verso l’Ucraina a causa della minaccia diretta. Hanno imparato la lingua ucraina perché è un simbolo di identità, di identificazione. Non è facile. Molte persone parlano ancora russo, ma non appoggiano in alcun modo l’invasione russa.