Giornata intensa a L’viv. Incontriamo divers* compagn*, per lo più ragazze, che hanno visto la loro vita “stravolta” dal 24/02/22. Percorsi di vita, di studio, sogni, interrotti. Ragazze e ragazzi che però si sono rimboccat* le maniche creando “spazi” di solidarietà per le/i profugh* intern*. Non “luoghi fissati”, dice Annyka, ma “spazi” aperti alla trasformazione. Aggiunge che quello che sarà è la combinanzione creativa di shit & sticks.
Da una giornata così capisci che la guerra “violenta”, annienta, annichilisse, anche chi non sta al fronte e ti chiedi, per quest* ragazz* che combattono tutti i giorni per la loro libertà, per una prospettiva di vita che loro stess* oggi fanno fatica a vedere, se riusciranno ad uscire da questo contesto di guerra che tutto assorbe? Allora partiamo dalla fine della giornata quando ci siamo trovati catapultati in una qualsiasi città europea, fabbriche dismesse, musica noise, tecno e decine di persone che socializzano e ballano prima del coprifuoco (mezzanotte). Se qualcuno gli ha voluto portare l’inferno in casa, loro in mezzo alle fiamme ballano e rivendicano una vita gioiosa e ribelle.
Negli incontri della giornata sono emersi dei temi importantissimi che crediamo ci porteremo dietro lungo il resto del viaggio. Abbiamo parlato del fatto se possono delle femministe difendere la propria nazione, ci hanno parlato della ricerca di una idendità, ma soprattutto abbiamo visto in pratica questa ricerca. È stato inoltre il primo giorno in cui chiedere seriamente cosa è cambiato ad un anno dallo scoppio della guerra e ricevere risposte lunghe, che richiedono tempo per essere rielaborate.
Ma le persone, donne, femministe, queer, che abbiamo incontrato ci hanno anche raccontato dei loro spazi, delle loro attività. Spazi in cui dal basso si sono riconosciute e continuano a farlo, facendosi a loro volta riconoscere. Eccole in due righe ciascuna, con la raccomandazione di andarvi a cercare le loro pagine social.
SOMA è nato nel 2019 come centro artistico. Quando il 25 febbraio del 2022 L’viv è stata investita dall’arrivo di miglia di sfollat* dalle regioni dell’est del paese, la quotidianità creativa del centro si è tradotta in pratiche di solidarietà autorganizzata. Oggi è tutt’ora così anche se le domande sul futuro iniziano lentamente a farsi strada. Al Soma è come se si stessero preparando a rispondere alle dure domande di domani. Capiamo che serve anche a questo fare dei worshop mattutini di esercizio fisico. Non è più e non è ancora il tempo della riflessione, ma è quello della trasformazione, anche del proprio corpo. Soma. Qui si sono incontrate nel corso dell’anno soggettività queer, persone non per forza di “sinistra”, dice sempre Annyka, ma che si riconoscono in modi e stili di vita, problemi e dentità, valori e culture undergound and alternative.
Nella cucina al piano di sotto invece si è cominciato a preparare cibo per le centinaia di persone in fuga e di passaggio alla stazione. Gli spazi comuni si sono trasformati in rifugio per gli sfollati. La messa in comune di competenze tecniche ( architett*, falegnam*, idrailic*) ha creato uno spazio sicuro in cui decine di persone in questi mesi hanno trovato casa. Oggi la solidarietà che si respirava nei primi due mesi di guerra però è calata. Il proprietario dell’immobile, per esempio, ha ricominciato a chiedere un affitto molto alto. Le cose stanno cambiando, ancora una volta. In che direzione, è difficile a dirsi.
Anche Feminist Workshop ha affrontato la guerra facendosi casa. La collettiva femminsita è diventata una casa rifugio per donne e famiglie in cui sperimentare un modo di vivere comunitario, offrire supporto psicologico e imparare insieme a difendersi nella società. Oltre a questo spazio hanno aperto un secondo rifugio. In totale ospitano più di 40 persone, tra cui tanti bambini, e un cane. La guerra tuttavia ha ridotto gli spazi politici di contestazione. Negli ultimi due anni è stato difficile, se non spesso impossibile, organizzare proteste e scioperare l’8 marzo. Però ci parlano dell’importanza di ricominciare a farlo. La scorsa settimana le attivist* femminist* di L’viv si sono riprese le strade, organizzando un’azione contro la cultura dello stupro. Hanno levato le loro voci in supporto ad una giovane ragazza di un paese della trascarpazia che ha subito un violento stupro da parte di alcuni compagni di classe. Se si parla degli stupri dei soldati russi, bisogna parlare della violenza di cui è intrisa anche la società ucraina, come qualsiasi società patriarcale, questo è quello che dicono. “La priorità -le attaccano gli haters- è difendere la patria e non parlare ti teoria queer”. Ma ci fanno capire che difendere la vita delle donne e delle soggettività non conformi non è una questione teorica, ma è strettamente legata alla lotta contro l’invasione.
Bilkis è un altro piccolo luogo di resistenza femminista che negli ultimi mesi si è creato uno spazio in rete con gli altri gruppi in città. Una stanza piena di vestiti colorati e appesi con cura, pronti per essere scambiati. Nella stanza accanto si radunano piano piano diverse ragazze. Oggi c’è la terza puntata del cineforum “Donne in guerra”. Proiettano Persepolis. Anche così si affronta la voragine che l’invasione ha lasciato nei loro percorsi di vita, di studio e nei loro sogni interrotti.
Domani incontreremo alcuni soggetti della “sinistra” e la sera ci attende la partenza nel treno-notte per Kyiv.