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Da giovedì 27 a domenica 30 novembre abbiamo partecipato a Lisbona al meeting di European Action Coalition, una coalizione di realtà europee attive e in lotta per il diritto alla casa e alla città. All’incontro hanno partecipato oltre 50 realtà attive sia nel movimento per la casa che nel movimento climatico. Intanto un grande grazie all’EAC per averci fatto partecipare! Per noi Municipi Sociali e ORDA- Osservatorio Reggiano per il diritto all’abitare è stato molto importante per riportare nei nostri territori stimoli ed esempi di lotta contro i padroni delle città. Questo contributo si propone di fare questo, ed ecco il motivo per cui lo pubblichiamo sia da MunicipioZero che da LineaReggiana. Qui il link dell’articolo pubblicato dalle compagne di Reggio Emilia.

Durante i giorni a Lisbona abbiamo conosciuto diverse realtà da diverse città d’Europa, e abbiamo fatto con alcune di loro delle brevi interviste per indagare temi e caratteristiche dell’azione politica che per noi sono interessanti da approfondire; scorrendo queste righe, troverete le voci di Filip di PravoNaGrad (diritto alla città) di Zagabria (Croazia), Vita dal sindacato degli inquilini ucraino, Paulo di Habitacao Hoje di Porto (Portogallo).
Innanzitutto, dobbiamo riportare che l’EAC è uno spazio molto eterogeneo e che comprende principalmente realtà attive specificatamente nella lotta per il diritto all’abitare, e quindi organizzate in forma specifica per questo, sebbene siano attive, perifericamente, anche su altre questioni. Questa è la prima cosa che diciamo perché per le nostre organizzazioni, Municipi Sociali di Bologna e Spazi Sociali di Reggio Emilia, ha significato interfacciarci con forme organizzative ben diverse dalle nostre. Qui non stiamo dicendo che noi siamo meglio o peggio, ma riportiamo un dato oggettivo: esiste una pluralità di organizzazioni politiche e l’obiettivo, oggetto anche di discussione nelle assemblee a Lisbona, dev’essere confederare le lotte. Ad esempio, le realtà di Madrid e Catalogna hanno spesso raccontato che stanno facendo questo tipo di lavoro nei loro territori, unitamente alle lotte che stanno portando avanti contro Blackstone o la Banca La Caixa.
Mentre noi lavoriamo quotidianamente con progetti di mutualismo e di cura, c’è chi organizza i condomini per lottare contro il loro padrone immobiliare. Per noi è stato molto stimolante partecipare alla discussione su come si organizzano inquiline e inquilini in forma collettiva, perché è una cosa che in Italia, ad esempio, è raro trovare. Anche nei nostri sportelli per il diritto all’abitare ci siamo poste questo problema: come facciamo in modo che la problematica dell’aumento dell’affitto, dello sfratto, della mancata manutenzione, del mancato rinnovo del contratto d’affitto o della vendita dello stabile non sia una vertenza individuale ma diventi una lotta collettiva?
Su questo, gli esempi di Madrid e della Catalogna sono molto importanti. A Madrid, il Sindacato di Inquiline e inquilini organizza migliaia di persone nei quartieri, con meccanismi sindacali ma concentrandosi sul collettivizzare la lotta. Partendo dal presupposto che il problema della casa non è individuale ma collettivo, aggregano persone con loro e tra loro per migliorare le loro condizioni di vita nelle abitazioni, impedire sfratti, evitare che il padrone immobiliare faccia quel che vuole del contratto d’affitto. L’esperienza più forte che hanno riportato è lo sciopero dell’affitto, il rent strike, organizzato contro Nestar-Azora, il terzo più grande proprietario immobiliare in Spagna e prossimamente anche contro Blackstone: diversi condomini di proprietà di Nestar-Azora hanno smesso di pagare l’affitto. Impressionante.
In Catalogna, il Sindicat des Llogateres fa un lavoro molto simile, e infatti le discussioni sul Rent Strike, e su come implementarlo a livello europeo, sono state portate avanti insieme da entrambe le realtà. In particolare, il Sindicat des Llogateres porta avanti uno sciopero dell’affitto contro la Banca La Caixa, sempre organizzato insieme a migliaia di persone. Anche questo impressionante.
La domanda che ci facciamo è: nelle diverse forme di organizzazione, tra chi lavora su temi più generali ed è più articolato nel territorio (progetti di mutualismo, di cura, di conflitto), e chi lavora in forma settoriale su un tema (non lo diciamo in maniera negativa), come possiamo scambiarci stimoli e esempi di lotte concrete in modo tale da mettere in comune approcci e strategie?
A Madrid e Barcellona, quelli che abbiamo conosciuto non sono spazi sociali, Municipi sociali, radicati nel territorio e che lavorano quotidianamente nell’ambito sociale, ma a Bologna e Reggio Emilia non ci sono migliaia di inquilini in lotta e piazze piene contro i fondi immobiliari.
C’è anche da dire che la struttura della proprietà immobiliare in Italia è ben diversa: Blackstone, banche, altri fondi non sono granchè visibili e forse sarebbe da fare un lavoro di inchiesta sui territori per scoprire quante proprietà hanno e di cosa dispongono. In Italia, a Bologna in particolare, la proprietà immobiliare è più da Rentiers, passa di eredità in eredità, di mano in mano. Solo con gli affitti brevi vediamo una grande concentrazione di gestione, non di proprietà, di condomini e appartamenti nelle mani di poche agenzie specializzate. Per quanto riguarda le proprietà immobiliari, è ben diverso dalla Spagna: con la crisi del 2008 i fondi e le banche ne sono uscite da padroni.

A Lisbona, abbiamo incontrato Filip, di PravoNaGrad di Zagabria, che in croato significa Diritto alla città. Lo abbiamo intervistato per indagare un aspetto che riteniamo nuovo in Europa: le città contro le nazioni: ovvero quella possibilità di resistenza e di conflitto che esiste nelle città, come ad esempio a Bologna e a Reggio Emilia, contro il governo centrale, ad esempio la Meloni in Italia. PravoNaGrad è un’organizzazione non governativa nata come movimento contro un controverso progetto di sviluppo privato nel pieno centro della città. A partire da diverse lotte legate ai crescenti problemi dell’urbanistica guidata dagli investitori, dell’erosione dello spazio pubblico e della mancanza di una pianificazione trasparente a Zagabria, nel corso degli anni PravoNaGrad si è sviluppata fino a diventare una forza critica nella capitale croata.
Sentiamo la voce di Filip:
PravoNaGrad è una realtà attiva a Zagabria e in altre città croate che lavora per aumentare e stimolare la partecipazione democratica di cittadine e cittadini nelle decisioni che riguardano l’urbanistica della città e la lotta per il diritto alla casa. Quando gli abbiamo chiesto della situazione politica in Croazia, ci ha raccontato che il governo centrale di centrodestra sta lavorando per prendersi tutte le istituzioni dello Stato con un modello autoritario di governo, punendo le cittadine di Zagabria per non votare il loro partito (HDZ). Il sindaco precedente di Zagabria è stato in carica per 20 anni e ora una coalizione rosso-verde, di cui alcuni membri di PravoNaGrad fanno parte, pur rimanendo un’organizzazione indipendente, ha conquistato il governo della città, con una notevole svolta. In quel momento tante persone attive nelle associazioni e nelle ONG sono entrate in politica, alimentando un vento nuovo nella città.
Filip ci racconta che, a differenza del governo Meloni in Italia, in Croazia il governo non fa attacchi diretti alle città ma ne limita l’autonomia decisionale e la possibilità di fare politiche locali, impossibili senza autorizzazione a livello nazionale. Il governo locale di Zagabria, però, sta comunque lavorando a piani autonomi per garantire il diritto alla casa, grazie anche al lavoro e alla pressione di PravoNaGrad, e una cosa importante è che hanno spinto e ottenuto lo stop alla vendita di case pubbliche da parte del Comune, e anche se lo spazio della municipalità per influenzare il mercato è poco, viste anche le politiche restrittive a livello nazionale, stanno lavorando su alcuni livelli. PravoNaGrad è una ONG indipendente e ha anche alcuni membri nella coalizione di governo della città, e questo, come ci ha raccontato spesso Filip durante le giornate a Lisbona, espone l’organizzazione su alcune questioni e ne discutono spesso, ma, finchè si riesce a incidere su alcune cose “dall’interno”, meglio lavorare su più livelli.

Oltre a Filip abbiamo intervistato anche Vita, ucraina e ricercatrice a Leuven in Belgio sulle politiche per la casa, che insieme ad altre sta lavorando per costituire il sindacato degli inquilini ucraino, e Paulo, di Habitacao Hoje di Porto, che lavora sul territorio per il diritto alla città e costituire una forma di organizzazione radicata sul territorio. Con loro, oltre alla presentazione delle loro organizzazioni, abbiamo indagato se e come lo spazio europeo possa essere di interesse per le lotte per la casa e in generale per confederare realtà ribelli in Europa.
Sentiamo la voce di Vita:
Innanzitutto, a Vita abbiamo chiesto la situazione in Ucraina, che come stiamo tutte seguendo in questi giorni sta vivendo delle grandi accelerazioni: crisi abitativa, distruzione di case, 13% di case distrutte, 2.5 milioni di case interessate, 6 milioni di persone scappate all’estero, in Europa ma anche in Russia, e internamente in Ucraina 4 milioni di persone sfollate, ma tanti stanno tornando in Ucraina perché la crisi abitativa esiste anche in Europa e non trovando sistemazione provano a tornare a casa.
Quando è iniziata la guerra non c’era nessun tipo di social housing in Ucraina, quindi l’unica opzione era l’affitto dal mercato privato per chi aveva perso la casa. Da sfollate da case di proprietà, le persone sono andate in case in affitto oppure dalla famiglia. Il mercato privato, comunque, non è regolamentato, e questo crea un problema alle persone ed è questo tra i primi motivi che ha fatto nascere il sindacato degli inquilini ucraino, per impedire gli sfratti e l’arroganza dei proprietari di case che hanno un attaggiamento predatorio.
Per Vita e i suoi compagni l’ideologia della proprietà privata che il governo porta avanti in questa situazione aiuta per aumentare il dibattito intorno al tema degli affitti e della crisi abitativa e opporsi. Il governo dice che la Russia pagherà i danni quando l’Ucraina vincerà la guerra, ma per Vita il governo ucraino dovrebbe già garantire i diritti ed essere più realistico, e la Russia che procede nella linea del fronte non è confortante. La Russia probabilmente non pagherà i danni e la gente non tornerà a casa. In questa situazione, il sindacato degli inquilini ucraino lavora principalmente con le persone sfollate internamente.
Quando le chiediamo com’è organizzarsi per lottare per il diritto alla casa in una situazione di guerra, Vita ci racconta che in Ucraina è difficile, non si può protestare per via della legge marziale. La guerra crea situazione di incertezza, rischio, instabilità, quindi per loro è difficile programmare l’azione politica e preferiscono pianificare il breve periodo. La loro organizzazione è presente a Lviv, Kiev e Odessa, ma la gente non è detto che ci rimarrà. Chiedere del futuro è difficile, e Vita non è certa di come loro potrebbero aggiungersi alle mobilitazioni e scioperi che abbiamo visto in Europa in questi mesi. L’Europa ha una grande influenza nel dibattito ucraino, e l’UE sta dettando le politiche per ora, legandosi principalmente alle lobby dei costruttori, ma gli interessi dell’Ucraina e dell’UE ogni tanto sono in contraddizione, quindi sarà un processo lungo. Se la retorica della proprietà prevarrà, sarà un problema, come per esempio sui mutui, e non aiuterà le persone. Loro credono che bisognerebbe regolamentare il mercato. Chiunque dovrebbe avere la casa, e nella situazione attuale la minima cosa che dovrebbe fare il governo è proprio regolare il mercato privato per dare stabilità alle persone che sono in affitto avendo perso la casa per la guerra.
Concludiamo con la voce di Paulo, compagno di Habitação Hoje (Casa Oggi) di Porto.
Habitação Hoje è un’organizzazione politica che lotta per il diritto alla casa e che recentemente si è data un sindacato di inquilini come strumento legale per organizzare gli abitanti. Attraverso assemblee pubbliche cercano di collettivizzare le problematiche individuali legate alla casa, mettendo in atto azioni contro gli sfratti e tentando di organizzare rent strike. Un aspetto che sottolinea è il dato dell’intersezionalità. Pur avendo un focus specifico di intervento e di lotta riconoscono l’importanza di stare e attraversare tutti i conflitti e di cercare, anche in spazi come la coalizione, aperture oltre il piano locale, dove è necessario incontrarsi e organizzarsi contro “il nemico comune”.
Passeggiando per Lisbona abbiamo visto nelle strade rilanciare lo sciopero generale in Portogallo dell’11 dicembre, il primo dopo 13 anni. Paulo ci ha raccontato che l’attuale governo di destra vuole approvare un pacchetto di leggi sul lavoro che sarà un attacco senza precedenti alla classe lavoratice, che metterà in discussione il diritto di sciopero, renderà più facile per le aziende licenziare i lavoratori, e in generale peggiorerà le condizioni lavorative. Una legge che ricalca gli attacchi delle destre di governo ai diritti sociali in tutta Europa, come stiamo sperimentando anche in Italia. Abbiamo chiesto quali fossero le aspettative per questa data e l’elemento che ci ha posto è quello della disabitudine allo sciopero. 13 anni in cui non viene praticata questa forma di lotta a livello nazionale porta ad una alienazione della classe lavoratrice e a giovani generazioni di lavoratori e lavoratrici che non hanno mai vissuto un momento di mobilitazione del genere. Crediamo sia però un elemento importante e non scontato, a maggior ragione, che di fronte ad un piano strutturale e autoritario di soppressione di diritti si stia dando una giusta risposta che possa riattivare una società in grado di rivendicare migliori condizioni di vita.
Su queste suggestioni crediamo che lo sciopero, così come è stato vissuto in Italia l’autunno scorso e in altri paesi europei, ad esempio il Belgio , deve tornare ad essere uno strumento di lotta praticato, convergente ed efficace, capace di attaccare i nodi del potere superando anche forme più tradizionali e valicando i confini nazionali. Come può essere immaginare per le lotte per l’abitare uno sciopero dell’affitto europeo contro i padroni delle città e che si ponga la prospettiva di confederare città ribelli in Europa.

Per concludere, il viaggio a Lisbona dei Municipi Sociali di Bologna e di ORDA è stato utile innanzitutto per cominciare a conoscere realtà diverse, prendere nuovi contatti, avviare un confronto per noi indispensabile tra città europee. Non è il tempo di chiudersi negli spazi nazionali dove Trump, Musk, Meloni, Orbàn ci vogliono rinchiudere, bensì è ora di guardare a una primavera di lotta che parta dalle città. Ci rimangono molti quesiti: come far circolare più efficacemente la proposta di un confederalismo democratico urbano? Come rafforzare gli strumenti che abbiamo nei territori, siano essi di natura sindacale o sociale, all’interno di un progetto politico definito in forma comune? Come possiamo combattere con efficacia la rendita nelle nostre città e lottare con più forza per il salario diretto, ma anche quello indiretto?
Queste sono tutte domande che ci avvicineranno al prossimo meeting della European Action Coalition, ma soprattutto che ci stimolano a lottare con più determinazione a casa nostra.
