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In foto: Ostello politico in Casa Vacante, via Capo di Lucca , Bologna Novembre 2022 Con Casa Vacante abbiamo sperimentato nuove forme dell'abitare, e altre ne potrebbero nascere, ridando vita ad uno dei tanti cosiddetti "vuoti urbani". La stanza, oltre ad essere stata un "ostello politico" per compagni e compagne che sono transitate a Bologna in quei mesi per vari motivi (tra cui attivist* curd* e ucrain*), è stata protagonista di un laboratorio per l'efficientamento energetico degli edifici, applicato poi sulla stanza stessa, svolto da HTC Lab, progetto che ha visto muovere i suoi primi passi proprio nell'occupazione di via Capo di Lucca.

La situazione abitativa a Bologna – Con contributi audio di A. Facchini, S. Gainsforth e Casa Vacante

A cura di: LUnA – Laboratorio Universitario d’Autogestione

“Le città cessano di essere fornitrici universalistiche di servizi alla cittadinanza e si pensano e agiscono come facilitatrici di processi di mercato.” D. Harvey

Di chi è la città? La domanda non interessa solo lo spazio fisico – case, edifici, giardini, parchi -, ma interessa il campo politico, i rapporti di forza che si esprimono nello spazio urbano; quando nasce uno studentato di lusso, quando un appartamento viene tolto dal mercato per affittarlo su AirBnb, quando un’area demaniale rimane abbandonata per decenni, chi vince?

A Bologna la crisi abitativa si è acuita per diversi fattori, tra cui l’aumento delle immatricolazioni all’università ed il ritorno alla didattica in presenza dopo i primi anni di pandemia; l’investimento politico nell’economia del turismo che riguarda la città da oltre dieci anni – con più voli al Marconi, più bar e più ristoranti in centro, l’aumento vertiginoso degli appartamenti affittati a breve termine; l’avvento del Tecnopolo e quindi della sua forza-lavoro qualificata e con più alta capacità di spesa.

L’ingresso in città di più persone, in un mercato immobiliare dominato dal privato, vuol dire più possibilità di profitto, affitti più alti, speculazione e proliferazione di affitti a breve termine, che rendono di più. Questo comporta però una diminuzione delle case disponibili per lə tantə che vorrebbero venire e portare il proprio contributo alla città, studentə o lavoratorə che siano.

Da qualche anno si sono affacciati in città nuovi squali del mercato, studentati non pubblici sul modello anglosassone. Gli studentati privati presenti a Bologna sono più di 20, comprese le 6 residenze di Camplus e strutture ricettive come The Social Hub, il più recente Beyoo Laude Living, ma potremmo aggiungerci anche il futuro Livensa Living, struttura vicino alla stazione che nel 2025 verrà adibita a studentato, 500 posti letto ‘grazie’ ad un fondo di investimento iberico. Queste strutture, offrendo i loro servizi a prezzi altamente sopra la media, contribuiscono a far crescere i prezzi medi del mercato privato degli affitti nella città, escludendo un’ampia fascia di studentə, tra cui chi in precedenza si sarebbe potuto permettere di vivere a Bologna, ma che adesso si trova davanti alla prospettiva di dover spendere in media 450 euro al mese per una stanza singola e 300 per una doppia. Vere e proprie gated communities, recinti esclusivi per la classe ricca, che tolgono spazio a progetti abitativi pubblici per chi ha deciso di vivere la città per studio, lavoro ed altri motivi. Chi non può perde il diritto ad abitare e restare in città, o è costrettə ad un lavoro povero o in nero, comunque con poche tutele nella drink factory o nella ristorazione, che toglie, per altro, tempo alla vita e che spesso non consente di coprire le alte spese di un affitto e di un costo della vita che è andato negli ultimi mesi ad aumentare. 

Un contributo audio di Alice Facchini, giornalista per diverse testate ed autrice, su cosa sono gli ‘studentati di lusso’, chi ci investe e chi sono gli attori a Bologna

Pochi spazi per lə studentə ed il precariato sociale, tanti spazi per il turismo: la logica che vince, ancora una volta, è quella del profitto. Se tutto si sposta sul piano del privato, il diritto all’abitare cede la priorità al guadagno. Un segnale molto evidente di questa logica emerge guardando ai dati dell’ultima rilevazione di Inside Airbnb, secondo la quale sono 3895 gli annunci di affitti sulla piattaforma a Bologna, quasi tutti nel centro cittadino; di questi oltre il 70% sono interi appartamenti. Il più grande proprietario che affitta su Airbnb è Wonderful Italy, gestore di ben 107 appartamenti, seguito da RealKasa (67 appartamenti) e Welcome to Emilia Romagna & Marche (58 appartamenti).

Sono 100, invece, gli ettari di terreno delle aree dismesse, e si tratta principalmente di ex caserme (Sani, Stamoto, Masini tra le altre). Sono spazi vuoti, spazi di possibilità: se la tendenza alla privatizzazione continuerà a farla da padrone, però, diventeranno solo spazi per reiterare disuguaglianze ed esclusione.

L’anno accademico 2022- 2023 sta evidenziando, in maniera ancora maggiore rispetto agli anni precedenti, la grande contraddizione di Bologna: attrattiva, ma non accogliente.

Le tendenze in atto stanno determinando quale fascia sociale può risiedere in città e quale no. Ed è qui che lo scontro diventa ‘di classe’, inteso come scontro tra lavoro vivo e lavoro morto, tra vita e speculazione, tra ricchezza sociale e rendita. Infatti, i fenomeni di turistificazione e gentrificazione producono lavoro principalmente povero, in nero, nella drink factory e nella ristorazione. Quindi parallelamente all’aumento dell’economia del turismo si nota, sistematicamente, un impoverimento della popolazione che questa economia la fa funzionare.

A fronte di un evidente immobilismo per quanto riguarda le politiche pubbliche per l’abitare a livello nazionale ed il più recente taglio dei fondi per il contributo affitto, il governo locale dovrebbe riassumere un ruolo centrale nell’indirizzare le trasformazioni che stanno avvenendo. Secondo le normative, Camplus – che è diventato ciò che è anche grazie agli incentivi statali, regionali oltre che alle concessioni comunali – e più in generale gli studentati privati, dovrebbero garantire il 20% dei posti che offrono a chi risulta avere l’idoneità per la borsa di studio. Ma non c’è un vero monitoraggio che ciò avvenga. L’Università e il Comune allora dovrebbero farsi garanti affinché la normativa sia rispettata.

Le multinazionali dello student housing, infatti, inquadrano le loro strutture non come studentati bensì come strutture ricettive, in modo tale da poter ricevere finanziamenti pubblici che favoriscono la creazione di posti letto in strutture private.
Un esempio è ‘The Social Hub’, meglio noto come ‘The Student Hotel’, il cui marchio lasciava presagire che si trattasse di un vero e proprio studentato, quindi oggetto di normative riguardo l’affidamento di posti letto agli aventi diritto alla borsa di studio, salvo poi offrirli indistintamente a studenti, lavoratori e turisti, tutti con alta capacità di spesa, andandosi a configurare quindi come una struttura per permanenze sia brevi che medie che lunghe. Da qui l’operazione di rebranding in Social Hub che è stata formalizzata pochi mesi fa, mostrandosi come un ente ‘vicino alla comunità locale’. Fate attenzione – ci venne lasciato a monito durante un’altra rivoluzione industriale – a quello che avviene nel laboratorio segreto della produzione di valore.

Un contributo audio di Sarah Gainsforth, giornalista indipendente ed autrice di più libri sul tema dell’abitare, su cosa si muove intorno ai fondi del PNRR per la creazione di posti letto

È in questa situazione che abbiamo voluto muoverci per affermare che il patrimonio pubblico non dev’essere venduto ma riutilizzato, fuori mercato, in gestione partecipata, guardando al mondo della cooperazione sociale mutualistica. Quello stesso mondo che durante il lockdown si è attivato per non lasciare indietro nessunə, e che ora vede messa a rischio la permanenza nelle città della sua stessa composizione attiva e attivista, il precariato sociale.

Porre un freno alla speculazione, alla turistificazione, alla gentrificazione significa allora sentirsi parte attiva dello sviluppo urbano. 

Spesso, il sorgere di studentati privati, o la rigenerazione di aree da parte di grandi fondi di investimento, risponde a logiche che poco o nulla si interessano del territorio nelle quali avvengono: lo sviluppo urbano diventa vincolato a domande internazionali più che a necessità locali. È qui che le città cessano di essere fornitrici universalistiche di servizi alla cittadinanza e si pensano e agiscono come facilitatrici di processi di mercato.

Occorre rimettere al centro il territorio, con le sue specificità e le sue potenzialità sociali. Altrimenti, Bologna rischia di svuotarsi della sua ricchezza sociale e se così fosse perderebbe una vera opportunità di sviluppo.

Un intervento di Antonella, attivista ed occupante di Casa Vacante, su cosa ha significato l’occupazione ed in che contesto si è mossa

Se la parte politica della città è cosciente che Airbnb sia un problema da regolare, è bene mettersi al lavoro per porre un freno all’avanzare delle piattaforme in città. Questo, senza dover aspettare direttive dall’alto, ma spingendoci verso e, se serve, contro l’alto, in ragione del fatto che queste tendenze non riguardano solo Bologna ma la maggior parte delle grandi città italiane ed europee; l’unica differenza è che all’estero si stanno cominciando a vedere delle risposte politiche a queste problematiche, mentre in Italia ancora vengono dati incentivi per l’urbanizzazione privata senza pensarci due volte. Non è il tempo della rassegnazione, bisogna ri-conquistarsi passo per passo lo spazio urbano – case, edifici, giardini, parchi – perché questo non sia di proprietà della speculazione.

Per tornare all’incipit iniziale dobbiamo lottare affinché la città, quella vera, abitata e vissuta, sia lo spazio in cui invertire i rapporti di forza, mettendo in primo piano le necessità locali. È arrivato il momento di iniziare un discorso critico su quali pratiche mettere in campo per arrivare a questo obiettivo, per arrivare a una città che sia di chi la abita e non di chi la vende.

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