SABATO 30 SETTEMBRE ORE 16,00 GIARDINO LUCIANO BERGONZINI, VIA MATTEI, BOLOGNA
Lampedusa, 14 settembre 2023, settemila persone arrivano in meno di un giorno a bordo di decine di imbarcazioni dalla Tunisia. L’emergenza è servita: un’invasione di “clandestin@” è il teatro perfetto per le nuove proposte del Governo.
Le persone migranti passano in secondo piano, la forzatura delle frontiere per raggiungere l’Europa diventa un fatto scandaloso e non una legittima richiesta di libertà e di sviluppo individuale e sociale. I fatti vengono strumentalizzati per annunciare proposte sempre più forti di fronte al nuovo paradigma globale. Il governo Meloni-Salvini si impegna ad affrontare le migrazioni con un’impennata di sistemi repressivi: blocco navale, chiusura dei porti, stretta di accordi con i governi autoritari al di là del Mediterraneo. Ma l’unico di fatto realizzabile finisce per essere quello dell’apertura di nuovi CPR (centri per il rimpatrio), ben uno in ogni regione italiana.
Non una nuova ricetta, ma la ri-attualizzazione del dispositivo della detenzione etnica, istituito nel 1998 con i centri di permanenza temporanea dalla legge Turco-Napolitano e rispolverato dai governi di ogni colore politico per stigmatizzare la condizione migrante. Strutture carcerarie controverse sul piano giuridico, costellate di suicidi e abusi che hanno costretto istituti autorevoli a riconoscerne la disumanità, in cui sono rinchiuse le persone rese irregolari dalla legge Bossi-Fini sull’immigrazione, ma anche tutte quelle private del diritto alla protezione internazionale, che il cosiddetto Decreto Cutro punta ad aumentare. Oltre 20 milioni di euro stanziati nel breve periodo, con l’obiettivo dichiarato di aumentare le espulsioni.
Ma i venti anni di storia della detenzione amministrativa hanno reso evidente che i CPR non servono ad espletare le procedure di espulsione, ma piuttosto a creare nuove barriere nell’accesso ai diritti e alla piena cittadinanza, rendendo le persone migranti più precarie e quindi sfruttabili nell’economia formale e informale del paese.
Né a Bologna né altrove
A Bologna un lungo ciclo di lotte, condotte da fuori e da dentro anche con pratiche radicali, ha portato nel 2014 alla chiusura di quello che gli e le stessə detenutə hanno definito “lager”. Oggi, a quasi dieci anni da quel risultato collettivo, crediamo sia necessario ribadire che la città di Bologna non è disponibile ad un arretramento e che, accanto alla sperimentazione di percorsi di accoglienza sempre più inclusivi ed articolati nei territori, serve rivendicare un nuovo “diritto alla città” per tutte quelle persone che partecipano al tessuto produttivo, sociale e culturale, e un diritto alla libera circolazione europea.
Da Bologna e dall’Emilia-Romagna deve farsi sentire la voce – che oggi appare debole quanto impopolare – di chi rifiuta la retorica xenofoba della guerra alle ong e agli scafisti, della sostituzione etnica e degli accordi con i dittatori di turno, che sappiamo alimentare il traffico e la tratta dei e delle migranti. Davanti alle istanze nazionaliste e suprematiste occorre rilanciare con forza, non solo l’accoglienza degna per i e le richiedenti asilo, ma la necessità di percorsi di accesso sicuro per chi fugge, permessi di soggiorno europei, estendendo le forme di tutela riconosciute alle rifugiate ucraine. Lo spazio in cui agire parte dai territori della regione, ma ha un respiro più ampio, ossia quello di un’europa mediterranea radicalmente democratica e federale, che veda nella equa mobilità non una minaccia per la propria identità, ma anzi una risorsa per il proprio futuro.
Sappiamo che è possibile, se i diversi pezzi della società attivano le proprie reti e creano alleanze con le persone che subiscono ogni giorno tentativi di stigmatizzazione, invisibilizzazione, segregazione. Questi sono ora forse più evidenti a Bologna nell’ex Hub Mattei, dove centinaia di richiedenti asilo vivono oggi una situazione insostenibile, tra mala-accoglienza e assistenzialismo passivizzante che mira a riprodurre l’immaginario dell’emergenza e dei corpi in eccesso.
Proponiamo allora di incontrarci in una assemblea proprio vicino al CAS Mattei, per avviare un percorso tra tuttə coloro che si oppongono all’oppressione dei confini in città e all’apertura del CPR in Emilia Romagna.
Lottiamo insieme per il diritto alla città e la libertà di movimento di tuttə. Più grande è l’ingiustizia più organizzata e coesa dev’essere la risposta.
Vi invitiamo sabato 30 settembre alle ore 16,00 ai Giardini Luciano Bergonzini (di fronte a piazza dei colori) per un’assemblea pubblica che produca una risposta collettiva regionale.
Municipi sociali TPO e LÀBAS
Per adesioni scrivi a Bologna.tpo@gmail.com
HANNO ADERITO:
YA BASTA BOLOGNA
ADL COBAS
ASGI
VAG
FAMIGLIE ACCOGLIENTI
RETE SULLA STESSA BARCA
CANTIERI METICCI
APPRODI
CENTRO LAVORATORI STRANIERI CGIL
LIBERTÀ ERA RESTARE
ASTALLI BOLOGNA
MEDITERRANEA
HAYAT
AQ16 BOLOGNA