In questi giorni sei attivisti dei Municipi Sociali di Bologna, prima esiliati dalla città con un divieto di dimora poi tramutati in obbligo di firma, hanno ricevuto notizia della revoca delle misure cautelari.
Una misura odiosa e punitiva che in questo anno si è abbattuta su decine di attivisti e attiviste, colpevoli di aver lottato per una città in cui la casa doveva tornare ad essere un diritto e non più un privilegio.
Il clima che si respira in questo Paese non è certo dei più accoglienti rispetto a qualsiasi manifestazione “Non conforme”, che esprima dissenso, voglia di libertà, riscatto, in particolar modo per migliaia di giovani che vogliono prendersi il proprio futuro. Lo abbiamo visto anche recentemente con il trattamento vergognoso e degno di uno Stato di Polizia comminato agli attivisti di XR nelle proteste contro il G7.
Impedire, delegittimare, scoraggiare, criminalizzare chi, in forme diverse, pone all’attenzione pubblica le problematiche che la società ci pone, è questo sì un atto criminale, in un’epoca in cui è sempre più diffuso un dogma meritocratico e di ricerca di soluzioni individuali e atomizzanti a giganteschi problemi che invece riguardano tutti e tutte.
Per questo salutiamo si con soddisfazione la revoca delle misure cautelari, ma allo stesso non ci possiamo dire che giustizia è fatta.
Non lo possiamo dire perché esattamente nove mesi dopo lo sgombero violento del 17 ottobre, l’Istituto Santa Giuliana è ancora uno scheletro di polvere e rimasugli dell’asilo che fu, e non è ancora stato venduto definitivamente a chi (molto probabilmente) ci dovrà andare a fare l’ennesima residenza per facoltosi: l’imminenza della vendita doveva giustificare uno sgombero così repentino, e nel frattempo decine di persone hanno continuato a vivere per strada o hanno dovuto abbandonare questa città. Per la gioia di chi questo sgombero l’ha voluto.
Continueremo, ostinatamente, a ricercare giustizia davanti ai “ due pesi e due misure”.
A fronte di misure cautelari e indagini per decine di attiviste e solidali, ad oggi non si è voluto neanche aprire un’indagine verso chi, con la forza dello stato dalla propria parte, e il disprezzo negli occhi, ha voluto dare un segnale ben prima della magistratura a chi si opponeva a un’ingiustizia: una manganellata a sfregiare per sempre la testa di un’attivista, protetto dall’impunità che troppo spesso si confà a una divisa. Identificare lui per identificare chiunque compia abusi verso i manifestanti, come fu quel giorno.
Il punto è la libertà di fare politica. Ed è con la ricerca di questa libertà che possono darsi nuovi progetti politici radicali. Anche questa volta abbiamo attraversato la notte con tante stelle che guidavano il cammino. Dopo lo straordinario risultato elettorale che ha portato alla scarcerazione di Ilaria Salis ora guardiamo alla libertà di Maja, a quella di Maysoon Majidi e delle tante attiviste politiche con cui sogniamo di costruire un progetto di Europa diversa.
Grazie ancora a chi ha espresso la solidarietà.