Il nostro viaggio finisce a 18 mesi esatti dall’inizio dell’invasione russa. Da L’viv leggiamo sui media: difficoltà della controffensiva ucraina; risorse (umane e materiali) quasi infinite dei russi; Biden che vuol chiudere il conflitto prima della campagna per le presidenziali; ecc, ecc. Nel frattempo decine e decine di militari muoiono al fronte ogni giorno. Non passa giorno in cui civili, adulti e bambini, non perdano la vita sotto i bombardamenti. Solo durante il breve periodo della nostra permanenza, oltre alle battaglie al fronte, sono state colpite L’viv, Chernihiv, Liman, Izmail, i granai di Odesa. E ora che stiamo per lasciare l’Ucraina, Putin minaccia nuovi bombardamenti nei punti più disparati del paese in concomitanza con il giorno dell’indipendenza.
Noi dal nostro osservatorio parziale possiamo solo dire alcune cose.
La guerra qui è presente, anche quando non sembra. Giovani ragazzi nelle stazioni che salutano i famigliari prima di salire sui treni che li portano al fronte; la preoccupazione di chi può essere coscritto ma non vuole lasciare la sua città; una coppia di “bancarellai” che ha vissuto in Italia e vorrebbe andarsene ma la loro figlia studia qui e non vuole tornare in Polonia come nel primo mese di guerra. Ma gli stessi ci dicono che non vogliono e non possono accettare l’occupazione russa con un modello di società che Putin e il Patriarca della Chiesa Ortodossa Russa, Kirill, vogliono imporre.
Tutt* vogliono la pace. Ma a quali condizioni ? Non sta a noi dirle, sta alle/agli ucrain* decidere, a chi è in guerra, uno spazio “meno comodo” del nostro punto di osservazione.
Noi possiamo continuare a indagare, confrontarci e sostenere quelle soggettività e organizzazioni che hanno fatto la scelta di resistere all’invasione russa, e nello stesso tempo, opporsi alle politiche neoliberiste del Governo Zelensky.
Soggettività che sanno che nulla è e sarà semplice ma hanno scelto di rimanere in Ucraina perché sono nate qui e vogliono continuare a lottare per i loro diritti qui.
E il loro spazio di resistenza e di lotta alle politiche neoliberiste, alle forze di destra, parte in primis dalla resistenza all’imperialismo russo. Un imperialismo che nasce con gli Zar e continua con Stalin. Non riconoscere questo, ci dicono, vuol dire non comprendere la storia dell’est Europa.
Abbiamo ancora tanto da imparare dalle persone conosciute. La loro storia si è messa in cammino. Ma è così anche per noi. Stare dalla loro parte ed essere per il matriottismo europeo sono due nuove lenti per leggere le grandi trasformazioni dei prossimi anni. Attraverso queste lenti abbiamo potuto vedere alcune delle contraddizioni interne all’Ucraina e capire che la politica si costruisce su linee di fatti, e che i singoli fatti si possono cambiare. Il fatto più importante da cui partiamo è che, il 24 febbraio 2022, Putin non è riuscito ad arrivare a Kyiv grazie ad una larga resistenza della società. Se così non fosse stato ora staremmo raccontando un’altra storia.
Anja, Anastasia, Valeriy, Sergey, Yosh, Vika, Vitalii, Olexander, Denys, Nastia, Julia, Andrei, Alex, Ania, David, Sergey, Nick, Sophia, Artem, Alexander e tante altre persone conosciute in questo viaggio hanno anch’esse nel loro piccolo cambiato le cose. Facendo un murales, inviando un drone o un visore notturno a un compagno o una compagna al fronte, oppure cercando di riportare il cinema in una città del Donbass martoriata. Proprio mentre scriviamo apprendiamo che la città in cui sono andati mentre noi eravamo ad Odesa è stata nuovamente bombardata. La scorsa notte a Limàn sono morte almeno tre persone. A Limàn il cinema non c’è ancora. Così sentiamo Sergey per sincerarci che loro stiano bene. A Limàn il cinema arriverà.